Controvento
Parità di genere

Riusciranno finalmente le donne ad abbattere quello che viene definito “il soffitto di cristallo”, cioè la invisibile barriera che impedisce di accedere alle posizioni di potere? Le premesse sembrano esserci in questo inizio di 2021, nonostante la crisi economica abbia colpito prevalentemente le donne e i femminicidi siano aumentati in modo preoccupante in tutto il mondo. Kamala Harris, la prima donna vicepresidente nella storia americana. Il trio Merkel, von der Leyen e Lagarde a capo della Troika europea che per la prima volta è riuscita a far passare un sostanzioso piano di aiuti finanziari ai Paesi in crisi da pandemia. La visibilità finalmente conquistata da artiste, scienziate, giornaliste. Il movimento #metoo, che nonostante i suoi eccessi è riuscito a far riconoscere il diritto delle donne di disporre del proprio corpo e della propria dignità senza dover cedere ai ricatti dei maschi al potere. E anche la consapevolezza che comincia ad emergere che la fase di saccheggio del pianeta è finita e dobbiamo passare dalla visione maschile di conquista a quella femminile di conservazione e valorizzazione delle risorse.
La parità sembra la punta di diamante delle società più avanzate ma è ben poca cosa rispetto al ruolo che avevano le donne nelle società matriarcali, di cui rimangono pochissime tracce in alcune tribù purtroppo in via di sparizione, distrutte dalla globalizzazione e dal turismo di massa. Tra queste i Mosuo, 50.000 individui che vivono in Cina, all’ombra dell’Himalaya, sulle sponde lussureggianti del lago Luga, tra il Yunnan e il Sichuan. I Mosuo, nonostante la maggior parte si sia convertita al buddhismo tibetano, praticano ancora la religione animistica Daba, che venera la dea madre e considera le bambine la reincarnazione delle antenate. Quando una anziana donna muore, durante la sua cerimonia funebre il suo costume d’iniziazione è posto vicino alla bara, insieme a una scorta di viveri, perché secondo la credenza Daba “ritornerà come giovane donna.”
Alla cerimonia di iniziazione, verso i tredici anni, alla bambina viene dato il nome dell’antenata a cui è stata associata e da quel momento viene considerata a tutti gli effetti come una reincarnazione dell’antenata stessa.
Presso i Mosuo la proprietà è trasmessa per via matrilineare. Sono le donne a prendere le decisioni sociali, economiche e domestiche e ad amministrare tutti i possedimenti del clan: la casa, i campi, i prodotti alimentari e gli animali, tra cui i cavalli, che vengono però usati dagli uomini, deputati alla vita di relazione. Gli uomini rappresentano il clan negli affari esterni, nelle assemblee e nella pianificazione del lavoro, viaggiano per commercio e svolgono i lavori più pesanti, come la costruzione delle case e la macellazione, attività severamente vietata alle donne. Ma non è una vita di sole fatiche. Godono di più tempo libero delle donne, che passano giocando a carte e riposando.
Bellissime, agghindate in abiti e acconciature elaborate, le donne Mosuo sono libere di accoppiarsi con chi vogliono, senza nessun obbligo di legame duraturo e di fedeltà. A tredici anni, dopo la cerimonia di iniziazione, viene sancita la loro libertà sessuale e ricevono le chiavi della “camera dei fiori”, quella che in ogni casa è riservata agli incontri sessuali -noi la chiameremmo garçonnière. Durante le danze in onore della dea dell’Amore, le cosiddette “Gan-mu”, sono le giovani donne a scegliere il loro partner. L’eletto ha il diritto di andare a trovare la donna nella propria abitazione, ma la mattina seguente all’alba deve lasciarla perché non esiste il concetto di coppia convivente. Ogni clan vive per conto proprio, e a reggerlo è la donna più anziana nella cui casa vivono tutti i figli e i nipoti, maschi e femmine. I bambini appartengono alla madre, e sono cresciuti da lei insieme alle sorelle e ai fratelli: la paternità non ha nessun valore, e spesso non è nemmeno nota. Il matrimonio non esiste, e nella lingua Mosuo non figura la parola “gelosia”: il sesso è considerato un appetito naturale, da praticare liberamente, ma che non condiziona la vita famigliare. Un uomo e una donna sono liberi di rimanere insieme anche per lunghi periodi, finché ne hanno il desiderio, ma non formano una coppia e tanto meno hanno il dovere di prendere reciproci impegni.
Purtroppo queste singolari usanze hanno attirato l’attenzione prima degli antropologi, poi dei turisti, che si sono riversati nei villaggi Mosuo, corrompendone le tradizioni. Attratti da ciò che sembra una vita più ricca e migliore, donne e uomini Mosuo hanno cominciato a trasferirsi nelle grandi città e si sono lasciati irretire dalle sirene del “progresso”. “È motivo di conflitto per molte famiglie” ha raccontato a National Geographic la fotografa Karolin Klüppel, che ha trascorso molto tempo a documentare i Mosuo (alcune sue foto di donne anziane si trovano qui). “Il turismo porta soldi facili, ma distrugge la cultura tradizionale”. E così, si sta perdendo una delle poche testimonianze di matriarcato rimaste nel mondo. Una società dove non esiste la guerra, i litigi e conflitti sono rarissimi, e la vita è improntata sull’eguaglianza tra l’uomo e la donna, il rispetto delle persone anziane, l’amore per i bambini, le relazioni di buon vicinato. Fenomeni come l’abbandono delle persone anziane, infanticidio femminile -ancora praticato nelle vicine Cina e India -, i conflitti fra vicini, la politica del più forte, sono praticamente inesistenti, come ha raccontato Choo Waihong, una avvocatessa di Singapore che ha vissuto tra i Mosuo e ha scritto un libro sulle loro tradizioni The Kingdom of women pubblicato da IB Tauris.

Viviana Kasam