Chi sono i razzisti

È molto appassionante dedicarsi al dibattito intellettuale al momento del sorgere delle democrazie moderne. Le critiche al sistema politico nascente vanno prese sul serio ancora oggi. Dalle cosiddette teorie elitarie, che hanno la propria origine già in Platone, dove la democrazia veniva sostanzialmente ridotta a demagogia, fino alle visioni tradizionaliste che la immaginano come un sistema capace di infrangere ogni valore su cui si era retta la società nei secoli precedenti. La più bella, a mio modo di vedere, è però la critica che definisce la democrazia come un sistema perverso. Una sorta di mabul biblico, in cui alto e basso si confondono, aprendo la porta al caos dell’indistinto. Un sistema talmente aperto da finire col dare spazio ai propri nemici, eliminando ogni possibilità di gerarchia valoriale. Di questa perversione democratica abbiamo avuto diversi esempi anche negli ultimi tempi. In primis, col movimento Black Lives Matter, definito da alcuni dotati di notevole spirito comico, movimento razzista. Perché? Beh, semplice perché rifiuta le opinioni razziste dei suprematisti bianchi, che spopolano negli USA. In pratica razzista in quanto rifiuta i razzisti. Ma anche oggi ne abbiamo un piccolo esempio. A Budapest, la sindaca indipendente Kristina Barany, oppositrice del Premier Viktor Orban, ha dato l’avallo per l’esposizione di una scultura raffigurante la statua della libertà inginocchiata, a ricalcare il gesto simbolo di protesta contro le violenze subite dalla popolazione di colore negli Stati Uniti. Una statua per giunta colorata con le sfumature dell’arcobaleno. Il richiamo al movimento Black Lives Matter e alla causa LGBTQ+ è evidente. Subito è scattata la protesta degli accolti di Orban. Così ha detto il fedelissimo capo di gabinetto Gergely Gulyás; “Black lives matter è un movimento razzista, per cui ne consegue che razzista è chi vuole erigergli un monumento, non chi lo rifiuta”. Più perversione di così.

Davide Assael