Spuntino – Carta d’identità

Il Signore ha fatto uscire gli ebrei dall’Egitto in virtù di tre meriti: avevano conservato i nomi (“shemòt”) originali ebraici (elencati in maniera apparentemente ridondante all’inizio della parashà di Shemòt); la lingua ebraica; il vestiario modestamente distintivo. C’è chi ne aggiunge un quarto: sposavano donne ebree. In generale la scelta di un nome non è casuale e il suo significato letterale è associato alla vita dell’individuo. Per questo è meglio non cambiarlo. Il primo che non modificò il proprio nome arrivando in Egitto, dando così l’esempio agli altri, era stato Yosef. Dopo avergli assegnato l’incarico di governare il paese “il faraone chiamò Yosef col nome Tzafenat Pa’aneach” (Gen. 41:45). Il versetto si conclude così: “e Yosef perlustrò la terra d’Egitto.” Si capisce che il riconoscibilissimo “giovane ebreo”, come veniva già additato durante gli anni di prigionia, non fosse disposto a rinunciare alla propria identità ebraica e nemmeno ad accettare un appellativo straniero imposto dal capo che gli stava offrendo una promozione. La lingua si è conservata perché studiavano Torah e comprendevano il significato dei nomi, non solo delle persone ma anche di ciascun elemento del creato. Quando Yosef si recò coi suoi figli in visita al padre malato, Ya’akov gli chiese (Gen. 48:8): “chi sono costoro?”. È possibile che, dopo diciassette anni trascorsi insieme, Ya’akov non riconoscesse più i suoi nipoti? Secondo il Bet Israel, vista l’urgenza del momento, in quell’occasione Efraim e Menashè non fecero in tempo a cambiare i propri indumenti regali, come era loro abitudine fare prima di incontrare il nonno. Dunque la domanda di Ya’akov può suonare addirittura come un rimprovero. Infine vorrei riportare un’interessante conclusione raggiunta dal Radbàz (Rabbì David Ben Zimrà), autore di migliaia di autorevoli Shut (responsi). Interpellato, aveva stabilito che, se un residente in Israele si trova all’estero con la moglie durante un chag deve osservare due giorni festivi invece che uno solo. Molti maestri si interrogarono cercando di capire le fonti su cui il Radbaz basava questa sua sentenza. La spiegazione fu data dopo due secoli da Rabbì Pinchàs HaLevì Horowitz Ba’al HaHaflaà (autore del commento alla Torà “Panim Yafot”) secondo il quale il responso deriva proprio dal primo versetto della nostra parashà (Es. 1:1): “Questi sono i nomi dei figli di Israele arrivati in Egitto con Giacobbe, arrivarono ciascuno con la propria consorte”.

Raphael Barki