Controvento
Nuove forme di dialogo
Ho passato tutta la settimana a discutere animatamente con amici americani che hanno votato per Trump e, nonostante si dissocino dai suoi più recenti comportamenti, continuano a difendere la loro scelta. Sono persone perbene, di comprovati valori morali, cosmopoliti, alto livello di cultura in ottime scuole, per nulla razzisti o suprematisti bianchi. Non gli outsider delle zone rurali che hanno scoperto di contare qualcosa grazie a Twitter e ai social, non i miliardari alla Koch che aspirano solo a come non pagare le tasse e a distruggere il pianeta per arricchirsi sempre di più, ma repubblicani di vecchia data che ritengono che il loro partito rappresenti l’anima vera dell’America libertaria e meritocratica.
Premetto che per me Trump rappresenta la peggior iattura nella storia degli Stati Uniti post-secessionista, anche se gli riconosco il merito di una politica accorta con i Paesi Arabi – ma a quale prezzo per il futuro della democrazia e del fair play che ne è uno dei presupposti principali? Per questo mi è difficile comprendere le ragioni di chi non si indigna di fronte alle sue ripetute menzogne (dopo aver caldeggiato l’impeachment di Clinton reo solo di aver mentito sulla reale natura dei suoi rapporti con la Lewinsky), non si sente offeso dalle sue dichiarazioni nei confronti delle donne, degli immigrati e di quelli che lui con disprezzo definisce “losers” e non condanna il suo rifiuto delle regole basilari della alternanza democratica.
Ho voluto però ascoltare e cercar di capire, perché mi sembra importante comprendere che cosa passa per la mente di una buona parte dei 74 milioni di americani che lo hanno votato per la seconda volta e che non possono essere liquidati tout court come estremisti o imbecilli – e forse uno dei problemi della propaganda anti Trump è anche quella di aver umiliato i suoi sostenitori senza cercare di ascoltare le loro ragioni (giuste o sbagliate che appaiono).
Le riassumerei così.
1. Mentre fino all’avvento del terzo Millennio repubblicani e democratici si riconoscevano in una visione moderata (tant’è vero che i loro programmi differivano di poco e la maggioranza degli americani non sentiva nemmeno il bisogno di andare a votare) negli ultimi venti anni, come è avvenuto in quasi tutto il mondo, la politica si è radicalizzata, l’avversario viene demonizzato e i repubblicani sono tornati a una visione maccartista secondo la quale chi propugna un approccio solidaristico e una più equa distribuzione delle ricchezze è un pericoloso comunista. Il prototipo è Bernie Sanders, che da noi sarebbe un socialista moderato, ma per molti americani rappresenta l’emissario dei sovietici pre-caduta del muro. Mentre in passato si accettava l’alternanza alla guida del Paese come naturale esito della democrazia, oggi è subentrata la convinzione che il proprio partito vada sostenuto comunque, anche se non si apprezza chi lo guida, perché l’alternativa è lo sfascio (“i democratici porteranno il Paese alla rovina economica, indeboliranno il Paese nei confronti della Cina e della Russia, smantelleranno l’apparato militare e le forze dell’ordine, distruggeranno la famiglia e i nostri valori tradizionali” è il ritornello con cui gli amici repubblicano difendono il loro sostegno al partito, nonostante Trump).
2. I repubblicani tendono a sintonizzarsi solo su Fox Tv (per non parlare dei più estremisti OAN e Newsmax) e leggere al massimo il Wall Street Journal (entrambi di proprietà di Murdoch e punto di riferimento della destra conservatrice). Considerano gli altri media faziosi e prezzolati e rimangono convinti che i democratici abbiano falsificato l’esito delle elezioni, che Biden sia affetto da demenza e colluso con la Cina. Quattro anni di Trump sembrano aver abbattuto il confine tra realtà e fake news e nemmeno il tardivo pentimento di parecchi parlamentari repubblicani scardina queste convinzioni. Anzi, chi ha sconfessato il Presidente uscente viene considerato un voltagabbana pronto a correre sul carro del vincitore.
3. Black Lives Matter e le proteste per le uccisioni dei neri da parte della polizia vengono confutate basandosi su stime ufficiali secondo le quali ci sono più uccisioni di bianchi che di neri da parte delle forze dell’ordine. Il dato è reale, ma non tiene conto che i neri in negli Stati Uniti sono solo il 13,4% della popolazione, e però rappresentano il 24% delle vittime di questi omicidi, secondo una ricerca pubblicata anche dal Sole24Ore.
4. Un altro stereotipo radicato nell’elettorato repubblicano è che i democratici vogliono “defund the Police”, togliere finanziamenti alla polizia. Nessuno riesce a convincerli (anche perché, vedi punto 1, seguono solo i media conservatori) che in realtà i democratici vogliono riformare, non impoverire, la polizia, per evitare che episodi come quelli di Breonna Taylor o di George Floyd si ripetano con la frequenza e la virulenza che hanno assunto negli ultimi tempi.
5. L’attacco a Capitol Hill da parte dei sostenitori di Trump viene considerato una naturale reazione alle manifestazioni di Black Lives Matter, e viene giustificato come meno distruttivo di queste ultime. La “colpa” delle violenze degli ultimi giorni, insomma, sarebbe da attribuire al cattivo esempio dato dai democratici.
6. L’estremizzazione del politically correct e del movimento #metoo viene vissuto da molti giovani come una insopportabile coercizione, un divieto di esprimere qualsiasi opinione che non rispecchi quelle oggi prevalenti nell’intellighenzia di sinistra. “Sostengono di essere il partito della empatia e della inclusività, ma se dici qualcosa che a loro non piace, vieni demonizzato o addirittura sbattuto fuori” sostiene un dottorando che preferisce rimanere anonimo. “Viene censurato il linguaggio e la libera espressione delle proprie idee. Nelle università, che dovrebbero essere la culla del dibattito e del confronto civile, sono banditi i professori che non si conformano e il corpo docente cede alle proteste e alle minacce di qualsiasi gruppo di studenti che si ritenga offeso dal passato o dalle idee di uno studente.”
7. Tra gli ebrei, molti considerano Trump un leale amico di Israele, mentre accusano i democratici di cedere alle istanze dei musulmani, con un doppio standard, perché a loro si perdona una cultura che degrada le donne, condona il delitto d’onore e diffonde l’antisemitismo. Nonostante l’amicizia che Biden ha sempre dimostrato per Israele, sono convinti che prevarrà il sostegno ai palestinesi e l’antisemitismo di sinistra.
8. Per i repubblicani le radici della cultura americana sono rappresentate da alcuni valori di fondo. Patriottismo, rispetto dell’autorità, sacralità (Chiesa e famiglia), giustizia, libertà (di opinione e di difesa personale). Più il capitalismo (con il suo corollario di fisco favorevole ai ricchi, deregulation, ovvero non ingerenza dello Stato, e di libero mercato. Sono gli ingredienti dell’American Dream, cioè l’idea che ognuno può farcela, ma deve riuscirci da solo attraverso la meritocrazia -questo ha come conseguenza il rifiuto dell’ingerenza dello Stato e dell’assistenzialismo pubblico. Sono valori condivisi anche dalla maggior parte dei democratici, ma mitigati dalla volontà di proteggere i più deboli e mettere un freno alle discriminazioni. Per molti repubblicani che sono cresciuti con l’alzabandiera, l’inno nazionale e l’omaggio ai veterani a inaugurare ogni evento (dalle partite sportive a scuola alle cerimonie di diploma e laurea), che mettono al primo posto nello zaino di sopravvivenza la Bibbia e l’Old Glory, che invocano il First Amendment per opporsi alla censura persino delle idee più eversive, che sono profondamente convinti che chi non riesce nella vita è perché non si applica, i caposaldi della cultura democratica sono pericolosi, sovversivi e contrari allo spirito che ha improntato la grandezza degli Stati Uniti – dalla Sanità per tutti ai sussidi per i poveri, per non parlare degli LGBT che scardinano l’ordinamento patriarcale e sacrale della società.
Il voto a Trump (turandosi il naso, come avrebbe detto Montanelli) è la scelta di aderire a questi valori che, secondo molti repubblicani, i democratici vorrebbero affossare.
Vero o falso che sia, se si vuole riconciliare la società civile bisognerebbe tenere in considerazione questi meccanismi mentali per trovare forme di dialogo efficaci e rassicuranti.
Viviana Kasam
(11 gennaio 2021)