L’assedio al Congresso e noi

Cosa rappresentano per noi europei, per noi italiani, per noi ebrei le immagini orribili e inquietanti che ci sono giunte in diretta da Capitol Hill? Quale significato celano per il nostro presente e il nostro futuro l’incitamento alla violenza del Presidente Trump e la gazzarra barbarica andata in scena in uno dei luoghi simbolo della democrazia mondiale? La settimana scorsa scrivevo in questo mio spazio che la tendenza autoritaria sta pericolosamente accentuandosi nel mondo e che la pandemia in corso potrebbe lasciare in eredità una situazione ancora più minacciosa con masse disposte ad accogliere favorevolmente un accentramento del potere in cambio di una forte efficienza organizzativa. Gli eventi di Washington sembrano aggravare le mie già fosche previsioni e mettere in luce l’attuale debolezza strutturale della democrazia proprio là dove essa è nata organizzandosi in Stato; in quello Stato che, pur con evidenti ambiguità interne e internazionali, ha rappresentato dalla fine del Settecento un punto di riferimento indispensabile per l’orientamento democratico. Le istituzioni nate 233 anni fa come conquiste popolari e maturate nel corso di più di due secoli sono forse a rischio?
Calma, evitiamo il panico. I fatti di questi giorni ci dicono altro. La democrazia americana ha ancora radici ben salde e sicura vitalità, come prova lo sdegno manifestato coralmente dai cittadini statunitensi. L’era Trump pare conclusa, dato che lo stesso ineffabile personaggio si è dato la zappa sui piedi mettendo in scena la pantomima del 6 gennaio e ormai nessuno dei politici che contano (neppure tra i repubblicani) è disposto a dargli credito, anzi il sistema politico nel suo insieme sembra pronto all’impeachment nei suoi confronti. Una fase del tutto nuova e meno egocentrica è sul punto di avviarsi con l’arrivo di Biden alla Casa Bianca. Però, anche senza fare fantapolitica e mantenendo i piedi per terra, la situazione non va sottovalutata, dato che la marcia sul Congresso non è stata una reazione estemporanea di pochi scalmanati ma è figlia di movimenti dotati di un’organizzazione, di una libertà d’azione e di un’influenza nettamente cresciute durante la presidenza Trump (dai complottisti QAnon ai suprematisti bianchi Proud Boys, ai paramilitari Oath Keepers e Three Percenters) e dunque in grado di proiettare l’ombra di una sinistra (anzi destra) minaccia sul futuro del Paese.
Torniamo alle domande iniziali. Quali riflessi nell’opinione pubblica in Europa e in Italia? Quali possibili conseguenze sull’immaginario collettivo (soprattutto in quello sottotraccia che corre attraverso i social) nei confronti di noi ebrei, da sempre bersaglio preferito di complottisti, razzisti, fautori dell’autoritarismo politico e culturale?
Come in USA, anche in Europa la reazione collettiva alle immagini incredibili che arrivavano in diretta dai corridoi e dalle sale del Congresso, dall’aula stessa del Senato, dall’ufficio della Speaker della Camera è stata di protesta e di denuncia sdegnata; ma al di là dell’opposizione quasi unanime è probabile che in alcuni settori – abituati a pescare nel torbido e pronti a cogliere analogie e occasioni locali – si sia insinuata una convinta ammirazione per “quei coraggiosi esponenti del popolo capaci di dare l’assalto al potere costituito”, abili nel mostrare al mondo intero la loro denuncia del presunto (e inesistente) furto elettorale. Senza voler alterare la realtà che parla di collettiva presa di distanza da parte della politica ufficiale, risulta però evidente l’assonanza del messaggio violento di Trump che ha “aperto le danze” e del movimento rude che si è poi calato sul Campidoglio con il linguaggio, col modo di essere fisicamente “popolare” di tanto populismo e sovranismo europeo. Poiché alla fine “tout se tient”, la riflessione su come tutto ciò sia potuto avvenire, su come facilmente (troppo facilmente, diremmo) sia stato concesso a una massa di individui anonimi di avere accesso al Palazzo e spadroneggiare negli spazi consacrati della democrazia americana potrebbe anche spingere sovranisti europei a tentare una clamorosa emulazione di un gesto così plateale e spettacolare. Oltretutto in un’ottica stravolta la presa di possesso del Parlamento può semplicisticamente assumere una valenza simbolica, divenendo la manifestazione stessa della libertà/del potere dell’uomo qualunque capace di conquistare anche con la violenza luoghi che gli “devono” appartenere.
Sui possibili sviluppi sovranisti di questo clamoroso precedente mi fermo qui, perché mi sono riproposto poco sopra di evitare la fantapolitica; anche se non escluderei futuri richiami al “popolo di Capitol Hill”, sempre utili dal punto di vista dialettico alla narrazione populista del nostro tempo.
Ma sul piano delle tendenze sotterranee, delle pulsioni intolleranti sempre attive anche se poco visibili perché spesso operanti sul web, la suggestione americana sembra capace di lasciare impronte significative in ambienti europei (anche italiani) dove – come riportato da alcuni quotidiani – sono in aumento i seguaci di QAnon e in genere i sostenitori di visioni cospirazioniste. E del resto si sa, ciò che accade oltre Oceano è destinato prima o poi a riflettersi dalle nostre parti. L’antisemitismo è da sempre, come ben sappiamo, ingrediente essenziale del cospirazionismo di vario colore: in quegli ambienti sarà quindi facile e quasi inevitabile cucinarlo in salsa nazionalistica e/o razzista dopo i fatti di Washington, considerandolo una componente costitutiva dei “buoni patrioti” che si mobilitano per il loro capo ed il loro paese.
Il clima mondiale ed europeo si fa dunque inevitabilmente più teso e nello stesso tempo ambiguo. Lo spazio per correnti diffuse ancorché numericamente poco consistenti di intolleranza e antisemitismo è in crescita. Di fronte a ciò, allora, è bene che uno schiaffo alla democrazia come la stomachevole scena del Congresso invaso e sbeffeggiato – effetto e insieme rinnovato stimolo di questa tendenza – divenga una ragione in più per drizzare le antenne, per rendere ancora più precise le analisi del sottobosco social, più articolata la risposta politica e giuridica delle istituzioni democratiche.

David Sorani