Giuseppe Jona, medico eroe
amico dei poveri di Venezia

Di Giuseppe Jona, il presidente della Comunità ebraica veneziana suicidatosi nel ‘43 per non consegnare il registro contenente l’elenco degli iscritti ai nazisti, si è soliti ricordare solo questo ultimo drammatico gesto. Quando Jona si tolse la vita, pochi giorni dopo l’inizio dell’occupazione tedesca, aveva 76 anni. Alle spalle una lunga carriera di medico e protagonista a tutto campo della sua città. Un lungo impegno che talvolta rimane in ombra e che è invece essenziale recuperare fino in fondo per cogliere tutte le sfumature della sua immensa umanità. E il riverbero lasciato dalle sue azioni. Medico di fama e illustre scienziato, Jona legò il suo nome alla fondazione di un ambulatorio gratuito per tutti i poveri di Venezia tanto da guadagnarsi, per l’appunto, l’appellativo di ‘medico dei poveri’. Una tra le molte iniziative assunte per il bene della collettività, in modo sempre generoso e appassionato. Non tutti, in quelle ore terribili, dimenticarono.
“Non poté avere funerali pubblici ha scritto recentemente su queste pagine la storica Anna Foa ma i suoi colleghi si radunarono in silenzio nel cortile dell’Ospedale e i gondolieri che aveva curato gratuitamente sfilarono sempre in silenzio nei canali. Questo era l’uomo che si tolse la vita pochi giorni dopo l’occupazione, mentre ancora tanti, nel mondo ebraico, speravano che nulla sarebbe successo qui in Italia”. A tracciare un itinerario è Federica Ruspio, archivista il cui primo incarico è stato presso l’archivio comunitario Renato Maestro. “Il primo amore non si scorda mai”, scherza la studiosa. “La storia di Jona afferma la si associa spesso a quel gesto tragico. Ha però una dimensione assai più ampia. Studiandone la vita si coglie infatti tutta l’esemplarità di questa figura. Che fece molto non solo per la Comunità ebraica, di cui assunse le redini nel complesso periodo che va dal ‘41 fino alla morte, ma anche per tutta la città. Uno dei grandi veneziani del secolo scorso”.
La prima tappa è in Campo del Ghetto, dove nel ‘47 è stata collocata una lapide commemorativa. Non lontano da lì, a poche centinaia di metri in linea d’aria, si trova la pietra d’inciampo posta di recente “in Strada Nova, vicino al ponte San Felice”. Siamo nel sestiere di Cannaregio, in una delle zone di maggior passaggio.
Terza tappa è invece al liceo Marco Foscarini, lungo le fondamenta di Santa Caterina. Si tratta del più antico liceo di Venezia e di uno dei più antichi d’Italia, fondato nel 1807 con decreto di Eugenio di Beauharnais, viceré d’Italia e figlioccio di Napoleone I. È lì che si forma il giovane Jona, diplomandosi nel 1884. “Alcuni anni fa racconta Ruspio il preside ha ritrovato le sue pagelle. Fu sempre, si evince, uno studente esemplare”.
Sarebbero arrivati giorni più bui. Il liceo cesserà infatti temporaneamente le sue funzioni con l’occupazione, diventando nel ‘43 uno dei luoghi di raccolta degli ebrei veneziani rastrellati. Quarta tappa è l’Ospedale Civile Santi Giovanni e Paolo nel sestiere Castello. È il luogo sul quale più ci sarebbe da raccontare. La “casa” di Jona per molti anni, dal 1895 quando vi entrò come assistente fino al ‘37 quando arrivò, al termine di una brillante carriera, il pensionamento.
“Dal 2014 sottolinea Ruspio sorge al suo interno il padiglione Jona. Il luogo più adatto per ricordarlo”.
Quinta e ultima tappa è una delle più importanti istituzioni locali: l’Ateneo Veneto, di cui Jona fu presidente dal ‘21 al ‘25.
Anni di grande impegno, dedicati anche al rafforzamento della biblioteca. Un altro spazio, tra i tanti in cui viva è ancora la sua presenza, “che ci restituisce lo spessore di questo grande personaggio”.

Adam Smulevich, Dossier Itinerari, Pagine Ebraiche Gennaio 2021

(Giuseppe Jona, al centro, insieme ad alcuni medici dell’ospedale civile di Venezia)