Il professore negazionista
e la vittoria della verità storica
Il fatto non sussiste.
Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, assolvendo la filosofa Donatella Di Cesare dall’accusa di aver diffamato lo studioso piemontese Costanzo Preve (1943-2013) da lei definito, in un articolo apparso sulla Lettura del Corriere della sera nel 2018, un “negazionista della Shoah” pubblicato anche “presso editori di estrema destra”. Osservazioni riportate nell’ambito di una netta contestazione dell’operato di Diego Fusaro, controverso studioso che passa con disinvoltura dall’estrema sinistra all’estrema destra e che, secondo la filosofa romana, docente all’Università La Sapienza e autrice di numerosi saggi sul tema della Memoria, riprenderebbe a piene mani “riassumendo e banalizzando, l’insegnamento del suo maestro”.
Gli eredi del filosofo avevano sporto querela per l’inserimento di Preve nella categoria dei “negazionisti”. Il giudice ha però rigettato la loro azione, assolvendo con formula piena Di Cesare e sancendo una piena vittoria della verità storica. Una sentenza che fa scuola per il suo alto significato civile, andando a costituire un riconoscimento di giustizia per l’intero ebraismo italiano e per tutti coloro che hanno a cuore il valore della Memoria.
“Non nascondo la mia sorpresa per essere qui oggi, imputata per aver diffamato, secondo l’accusa, Costanzo Preve. Ho scritto un articolo su Diego Fusaro, pubblicato sul settimanale culturale del Corriere della Sera La Lettura, non a caso nella rubrica Polemiche. Il mio intervento ha quegli accenti critici che caratterizzano le discussioni culturali, cui mi capita di partecipare, senza per questo essere mai stata querelata”, ha esordito Di Cesare nella memoria letta in tribunale. “Per quel che riguarda l’inciso contestato – ha poi proseguitola filosofa – ritengo sia legittimo perché è basato su fonti precise documentali. Mi sembra agevole provare la seconda parte dell’inciso incriminato, poiché Preve ha in effetti scelto di pubblicare con gli editori ‘Il Settimo Sigillo’ o ‘All’insegna del Veltro’. La prima casa editrice è stata il punto di riferimento della componente rautiana del Movimento Sociale e dell’area che faceva capo alla Nuova Destra. La seconda casa editrice, organizzata da Claudio Mutti, ex camerata di Franco Freda, incriminato per la strage di Piazza Fontana, è nota come punto di riferimento per negazionisti e neonazisti. A proposito della sua scelta di pubblicare per case editrici, dichiaratamente di estrema destra, quasi per giustificarsi, Preve scrive: ‘La mia attuale posizione, che finché c’è vita non può essere per sua natura conclusiva, non comporta solo la prospettiva del superamento della dicotomia destra/sinistra, ma anche e soprattutto il rifiuto del tabù dell’impurità, per cui se si appoggia la guerra di Jugoslavia del 1999 o dell’Iraq del 2003 si è ancora ‘puri’ (…), mentre se si pubblica per il Settimo Sigillo o per All’insegna del Veltro si è impuri e condannati per sempre (Dialoghi sul presente, Controcorrente edizioni, 2005, p. 64)”.
Per quanto riguarda la prima parte di quell’inciso, in cui si fa riferimento al negazionismo, “si tratta evidentemente della mia interpretazione basata sulla lettura dei suoi scritti pubblicati”.
“Di negazionismo – ha infatti sottolineato – mi sono occupata a lungo, per anni, da quando ho studiato a fondo e scritto sulla Shoah, nel periodo in cui ho svolto le mie ricerche all’Università di Heidelberg, in Germania (presso il Dipartimento di Filosofia e la Scuola Superiore di Studi ebraici) e poi quando sono rientrata in Italia alla Sapienza. Sull’argomento ho scritto libri e saggi (tradotti anche all’estero) dal 2003. Gli ultimi miei contributi, cioè le voci ‘Razzismo’ e ‘Antisemitismo’ per il lessico dell’Enciclopedia Treccani Le parole del XXI secolo, sono stati appena pubblicati. La voce ‘Antisemitismo’ comprende anche il tema del negazionismo. Sono intervenuta spesso nel dibattito pubblico soprattutto da quando, negli ultimi anni, il fenomeno del negazionismo si è andato diffondendo in Italia. Per questo sono stata interpellata da chi se ne occupava in Parlamento e sono stata ascoltata alla Commissione del Senato”.
Il fenomeno del negazionismo, ha osservato al riguardo, è sempre più diffuso e riguarda ormai temi diversi. “Basti pensare ai no-mask, ma anche alla massa indistinta che dietro il coronavirus immagina complotti dei poteri forti. Sin dall’inizio, però, il negazionismo è connesso con lo sterminio degli ebrei in Europa ed è in certo modo la reazione più subdola alla Shoah. Dico ‘subdola’, cioè ambigua, infida, disonesta, perché il negazionismo, epifenomeno del complottismo, s’insinua in modo abietto, pervade l’opinione pubblica nel modo più difficile da contrastare, con effetti esiziali soprattutto sulle nuove generazioni che fanno più uso del web”.
Non stupisce in tal senso che il termine ‘negazionista’ venga rifiutato dai negazionisti e nessuno di loro, salvo rare eccezioni, ammette di esserlo.
“Fa parte del negazionismo smentire a priori ogni nesso con la negazione del crimine. Il negazionista, che di rado nega esplicitamente il crimine o le camere a gas, sostiene con forza di voler semplicemente riaprire il dibattito storico, di aspirare a rivedere o revisionare quel che è accaduto. Questo vale anche per i negazionisti più incalliti e più famosi”.
Di Cesare ha concluso così il suo lungo intervento, caratterizzato anche da una accurata ricognizione del pensiero di Preve: “Credo nella democrazia, nel confronto e nella critica. Non pretendo in nessun modo che si concordi con questa mia tesi. Né desidero far leva sulle mie competenze. Se Preve ha offerto negli ultimi anni questa immagine è per via di quello che ha scritto e sostenuto. Il mio rinvio a lui rientrava nel contesto della polemica con Fusaro e nella riflessione sui fenomeni ambigui del rossobrunismo e dell’estremismo. Non credo, in buona coscienza, di poter essere condannata per la mia interpretazione accademico- scientifica delle sue opere e dei suoi interventi pubblici”.
(14 gennaio 2021)