Nuovo razzismo

Oltre alle bandiere sudiste e dell’alt-right, al rally di Capitol Hill del 7 gennaio si notano senza difficoltà anche bandiere dell’India, qualcuna arcobaleno “Gays for Trump”, della Corea del Sud, e della Persia degli Shah. C’è chi sostiene di aver visto persino bandiere del Messico e del Pakistan. Probabile. Guardando le foto dell’assalto, si può presumere che non tutti coloro che cercavano di entrare dentro il Congresso insieme a suprematisti bianchi e fanatici simili fossero americani WASP. Abbiamo letto sui media per esempio anche della presenza quel giorno di un certo Aaron Mostofsky con tanto di pelliccia, figlio di un giudice della Corte Suprema della Kings County, eletto con il sostegno dei democratici. Ma c’è forse da stupirsi? Lo stesso leader dei “Proud Boys”, Enrique Tarrio, con un nome non certo anglosassone si definisce senza farsi alcuno scrupolo “afro-cubano”. Da un po’ di tempo dovremmo forse elaborare meglio una fenomenologia del nuovo razzismo e quindi del nuovo antisemitismo presente nell’estremismo di destra.
Ovvero, il nuovo razzismo a poco a che fare con il razzismo scientifico del secolo scorso, per quanto poi questo sia comunque presente a un livello inconscio. Si tratta invece il più delle volte di un razzismo culturale e di un razzismo politico. Un estremista di destra potrebbe tollerare o addirittura apprezzare un ebreo, un appartenente a una minoranza, o uno straniero dalla propria parte, soprattutto se sta al “suo posto” e meglio ancora se resta “a casa propria”. Il vero bersaglio è invece l’ebreo progressista o liberal – che oltre a essere di sinistra è anche ebreo, e viceversa – l’omosessuale o la donna che vuole affermare i propri diritti, l’afroamericano di Black Lives Matter, il musulmano che professa apertamente la propria religione, il latino che parla spagnolo e vota democratico. Questa è la ragione del perché personaggi come George Soros, o in Italia un Gad Lerner, diventano più detestabili di altri, dei veri capri espiatori. Come anche “odiosa” diventa una donna che si mette in politica dalla parte sbagliata, vedasi Laura Boldrini che quando era Presidente della Camera era descritta come “la radice di tutti i mali”. Per il resto donne, latinos, afroamericani, omosessuali, ebrei, stranieri destranierizzati che parlano male dei propri simili, in piccola misura sono quasi benvenuti anche tra i nuovi movimenti xenofobici. Servono soprattutto per mettersi bene al riparo dalle accuse di razzismo, agli occhi di chi pensa che il razzismo sia ancora solo quello di “faccetta nera” e delle tesi di Arthur de Gobineau. Al contrario il nuovo estremismo di destra sostiene sovente popolazioni (o regimi) del terzo mondo, come i palestinesi, i tibetani, talvolta i curdi, i siriani che stanno con Bashar al-Assad, gli est-europei che sostengono uguali istanze nazionalistiche e xenofobiche. Se però si trovassero qualche appartenente di queste popolazioni “altre” come vicino di casa o peggio come familiare il discorso cambierebbe molto. Prevarrebbe la tesi della “sostituzione etnica”.
Ho parlato di estrema destra, ma il razzismo culturale/politico purtroppo è presente anche in una sinistra radicale malata, per quanto non ontologico ad essa. Esiste qui talvolta l’idea che puoi essere sì ebreo, ma devi dichiararti a gran voce antisionista ed esprimere il tuo disprezzo su tutto ciò che concerne Israele, anche se là non vi hai mai abitato e ne sai poco o niente. Una sorta di prerequisito essenziale e di patentino che però non viene richiesto ad altri.
Il nuovo razzismo opera quindi delle distinzioni, ma del resto c’è poco di nuovo ed è ridondante ricordarlo: i nazi-fascisti ingaggiarono tra le proprie file anche popolazioni che consideravano geneticamente “inferiori”. Servivano ai propri scopi iniziali ed era utile condurre loro dalla propria parte, vi avrebbero pensato poi dopo…

Francesco Moises Bassano