Oltremare – La panchina

L’iniziativa individuale ai tempi del corona, nel moshav dove vivo, o almeno a distanza di camminata sportiva da quest’ultimo, ha preso di recente la forma di una panchina. Va detto per correttezza che come in tutta Israele, anche qui nel nostro microcosmo, a spanne da aprile 2020 fervono lavori di manutenzione, costruzioni di nuove case, perfino la costruzione di un nuovo fiammante campo da calcio con tanto di illuminazione per partite notturne, che già ha il nomignolo di “il nostro Teddy” (riferimento allo stadio di Gerusalemme dedicato a Teddy Kolek, storico sindaco della città, molto amato e ora per sempre presente nella toponomastica cittadina). Fra le varie novità, sono comparse un certo numero di panchine di legno, molto rustiche, dipinte di bianco, in punti strategici del moshav. Sono aperte le scommesse su quanto durerà quel bianco, naturalmente. Ma almeno si vedono da lontano, e fanno da nuovi punti di riferimento per gli incontri all’aperto, ancora gli unici permessi in tempi di lockdown che pare non finiscano mai. Con la popolazione del moshav costretta a casa, scuola via zoom e una buona quota dei genitori su zoom anche loro invece che in uffici sparsi per il paese, era sensato aumentare il numero di posti in cui sedersi nel verde, tanto quanto migliorare lo stato di marciapiedi e incroci.
Quello che non ci aspettavamo invece, era di vedere all’improvviso una panchina, questa volta una classica Keter in plastica da esterni Made in Israel, con tanto di cassapanca portaoggetti sotto al sedile, in uno dei punti più belli nelle passeggiate non proprio entro i mille metri concessi, ma chi vuoi che ci denunci insomma, bisognerà pur muovere un po’ le gambe. Inerpicata e ben assicurata da una spessa catena di metallo all’albero che si affaccia sullo strapiombo del nostro solito cratere, quel luogo intatto e surreale in cui uccelli con le ali colorate giocano a rincorrersi planando davanti a noi, visitatori affannati e ogni volta sorpresi. Sulla panchina, una lettera scritta a mano e saldata a forza di scotch, invita i viandanti a sedersi e a godersi la brezza e lo spettacolo, ché in questi tempi bigi chi arriva fin qui spesso ha un forte bisogno di pace, natura, silenzio. E per favore, non rubate la panchina: è per tutti noi, scrive l’anonimo ideatore di questa postazione che sfida ogni vertigine.

Daniela Fubini