L’odio online
Eccoli, sono tornati. Da qualche mese si infiltrano nei nostri pc, nelle nostre piattaforme virtuali. Si materializzano durante le innumerevoli iniziative in remoto organizzate da associazioni ebraiche e non. Assumono le forme di sempre, quelle loro proprie: svastiche, fasci littori, urla selvagge, promesse di morte e di forni, inni al Duce e al Führer. Aggirano le porte informatiche e danno fiato a un odio incontenibile volto ad annichilirti, a pietrificarti. E quasi ci riescono, perché sulle prime non credi ai tuoi occhi, alle tue orecchie, all’angoscia che improvvisamente ti attanaglia con un senso di gelo. Sono proprio loro, di nuovo, i nazisti? Com’è possibile che ancora oggi siano qui, e possano scagliarci addosso senza freni la loro bestialità, prefigurando massacri e distruzione? Per fortuna le intrusioni in genere durano molto poco, i mostri vengono presto sbattuti fuori dal coordinatore della riunione senza possibilità di rientrare. Ma il veloce superamento dell’interruzione non annulla la portata di questi terribili episodi, né certo risolve il problema.
Sì, sono di nuovo i nazisti; o sono i nuovi nazisti, se preferite (ma non cambia molto). I tempi sono evidentemente maturi perché un sottobosco fascista ancora operante e fervido (Forza Nuova e CasaPound su tutti, ma anche vari altri gruppi) produca simili esemplari sociali. Sono purtroppo maturi nel senso della quantità e in quello della qualità. Quantitativamente, il disagio e la costrizione pandemici spingono alcuni – sul crinale del rifiuto di ogni obbligo e della ribellione all’autorità – ad aderire a visioni complottistiche nelle quali noi ebrei risultiamo sempre invischiati come fantomatici macchinatori; e questo si innesta sul fertile terreno antisemita della destra estrema, accrescendo la già nutrita adesione a visioni antiebraiche. Qualitativamente, una pulsione populistica in cerca di bersagli consolidati che in certi settori freme assumendo tendenze distruttive porta alla perdita di limiti, rendendo di fatto possibile quello che solo sino a ieri sembrava irrealistico, cioè il vero e proprio assalto antisemita corredato dall’uso violento e senza freni dei termini più atroci, quelli appropriati a una convinta, esaltata rivendicazione di identità nazi-fascista. Nessuno di questi personaggi oggi – in un clima pesante e incerto dove l’acredine contro gli ebrei è in aumento generalizzato da tempo – si vergogna più di mostrarsi apertamente per quello che è, anzi è una sorta di orgoglio antisemita quello che traspare dai raid spaventosi degli “zoombombers”, come alcuni chiamano i nazisti (virtuali ma non tanto) dei nostri giorni.
Di fronte a tutto ciò, all’orrore e al pericolo che tutto ciò rappresenta, che fare? Seguire la via istituzionale della denuncia agli organi competenti, certo. Ma al di là della strada giudiziaria, è bene mobilitarsi o no? Sull’onda di un utilitaristico buonsenso e di un passaparola che circola in molti ambienti, secondo alcuni l’atteggiamento più consono sarebbe quello di un composto understatement, di una compassata minimizzazione attorno a questi episodi e a ciò che li provoca. Il rischio sarebbe, se invece li amplificassimo e li ponessimo al centro di un dibattito pubblico, quello della eccessiva visibilità donata a personaggi che cercano solo propaganda ed eco mediatica alle proprie “imprese”. In queste convinzioni c’è indubbiamente del vero. Eppure esse appaiono oggi riduttive e miopi. Sembrano l’ultima, testarda affermazione di chi vuole ancora illudersi che in fondo il pericolo non è così grave, che si tratta comunque sempre di uno sparuto manipolo di minus habens, che le istituzioni sapranno comunque intervenire al momento opportuno eccetera eccetera… Peggio, dietro chi preferisce tacitare tutto evitando clamori si intravede il timore di dare troppo nell’occhio, di emergere nella scomoda veste della vittima, in una situazione capace di mettere a disagio. Con l’effetto collaterale di offrire ai neonazisti l’opportunità di agire in libertà contando su una mancata reazione collettiva.
E invece no. Invece la questione è reale, difficile, e va anche al di là degli inquietanti episodi di cui gli hackers nazisti si rendono protagonisti; perché investe il tessuto complessivo della nostra società, le idee malate che nuovamente la attraversano dilatandosi senza remore sulla scia del suo malessere, la qualità della vita di ognuno di noi, ebrei e non ebrei. E allora è doveroso non tacere; divengono imperativo morale e sociale la denuncia pubblica del nuovo nazismo emergente, l’analisi attenta e il dibattito sulle sue cause e sulla sua genesi, l’intervento del mondo culturale e di quello istituzionale, l’isolamento in funzione preventiva e repressiva delle organizzazioni fasciste (politiche o pseudo-culturali) che preparano sostengono e organizzano le sue recenti “imprese”, l’opposizione consapevole all’aggressione squadrista nei confronti del libero dibattito delle idee.
Del resto, quello che avviene è purtroppo normale e logico. In un periodo di accentuata crisi globale è naturale che l’antisemitismo rialzi la testa. Nihil sub sole novi. Sarebbe però da incoscienti nascondere la testa sotto la sabbia o la polvere sotto il tappeto. È la società tutta – sua prima vittima – ad avere il dovere di combatterlo con tutte le sue armi.
David Sorani
(19 gennaio 2021)