Roma accoglie 21 stolpersteine
“La Memoria è un valore vivo”

“Nel gennaio del 2010 portavamo per la prima volta le pietre d’inciampo a Roma. Giunti alla dodicesima edizione, anche tenuto conto della difficile situazione sanitaria in corso, ci si sarebbe potuti immaginare una giornata in tono minore. E invece anche oggi, nel rispetto naturalmente delle regole vigenti, la partecipazione è stata importante. E non parlo soltanto di numeri, ma anche e soprattutto di sentimenti. La posa delle stolpersteine è un qualcosa che va davvero a toccare la sfera emotiva delle persone”. 
Adachiara Zevi è emozionata e soddisfatta. Tra oggi e domani, ventuno nuove pietre stanno andando a dimora nelle strade della Capitale in ricordo di altrettante vittime del nazifascismo. Un’iniziativa curata ancora una volta dall’associazione Arte in Memoria di cui è presidente, sotto l’Alto patronato del presidente della Repubblica. Il via stamane da Portico d’Ottavia 9 con la posa di tre pietre in ricordo di Grazia Ajò, Mario Di Veroli, Emma Di Veroli. Ci si è poi spostati in via S.Ambrogio al civico 30, per omaggiare la memoria di altre tre vittime della Shoah: Camilla Pavoncello, Clelia Pavoncello e Letizia Terracina. Ha concluso la mattinata l’apposizione di una pietra in via Arenula 41 in ricordo di Carlo Zaccagnini, membro della Resistenza che fu assassinato alle Fosse Ardeatine.
Contemporaneamente, nel tredicesimo municipio, al civico 50 di vicolo del Gelsomino, una pietra è stata incastonata nel nome di Mario Carucci, militare antifascista che fu ucciso a Forte Bravetta.
“Zia Graziella – la testimonianza della nipote – era la sorella di mia nonna, è stata deportata il 16 ottobre del 1943 con il marito e la figlia Emma. La bambina aveva il nome di mia nonna ed era nata lo stesso giorno nel quale sarebbe nata mia figlia, 67 anni dopo. Aveva solo due anni ed è stata assassinata con la sua mamma il giorno del suo arrivo ad Auschwitz. Abbiamo di lei solo una foto e un vestitino insieme ad un racconto sul pomeriggio che ha preceduto la razzia. “Mia nonna raccontava che Emma era stata a giocare con le sue quattro figlie, le sue cuginette, e avrebbe voluto restare anche a dormire ma che lei, oberata dalla fatica e preoccupata per quello che avrebbe detto il marito con un’altra bambina piccola in casa, aveva chiesto a sua sorella Graziella di riprenderla. La mattina del 16 ottobre Mario era andato a fare la fila per le sigarette con la bambina ed è stato arrestato. Graziella, raccontava mia nonna,  avvertita dell’arresto della sua famiglia li ha raggiunti ed è voluta salire sul camion con loro. Mario Di Veroli è riuscito a sopravvivere ai primi mesi ma è morto all’inizio del 1944. Zia Graziella, Mario e Emma sono rimasti per sempre nei racconti di mia nonna, di mia madre e degli altri suoi figli. Nonna Emma da allora e per sempre non ha più detto di no a chiunque le chiedesse qualcosa”.
Commovente anche il racconto relativo alle pietre di via S.Ambrogio. “Mia nonna Letizia Terracina – la testimonianza della nipote – viveva a via S. Ambrogio 30 con il marito Angelo Pavoncello e i loro tre figli: Clelia, Camilla e Vittorio (mio padre, allora dodicenne). La mattina di sabato 16 ottobre 43 il marito Angelo non era in casa: pensando che i soldati tedeschi cercassero gli uomini ebrei, lui si era nascosto altrove.  Ad un certo punto, sentendo da qualcuno dei vicini che le SS stavano già rastrellando le case, lei decide di avventurarsi con i tre figli a casa della suocera che era nella vicina via degli Specchi ma, a metà del tragitto, in via Arenula, trovarono un camion di soldati che spinse le due ragazze a salire e anche la signora Letizia che teneva per mano il figlio Vittorio. Lei invitò il ragazzino a scappare via, per metterlo in salvo, e così lui fece, anche se inizialmente rincorso da un SS che poi vide alzare le spalle e tornare indietro. Vittorio raggiunge la casa della nonna paterna dove altri familiari si ritrovarono. La sera si ricongiunse con il papà Angelo e cercarono altri nascondigli insieme (dopo un rifiuto di nasconderli al Vaticano, trovarono rifugio presso un loro amico, il signor Uberti, e così via) e si salvarono. Nei giorni seguenti  seppero della terribile sorte delle tre donne della loro famiglia. Una conoscente della famiglia, Letizia  Di Porto (ancora in vita), vide  la triste e straziante scena del momento in cui fecero salire le donne sul camion. Un sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz/Birkenau testimoniò di averle viste entrare nelle camere a gas pochi giorni dopo il loro arrivo a destinazione e questo fu anche confermato ad Angelo Pavoncello e Vittorio dalla Croce Rossa Italiana, che mandò tre certificati”. 
L’edizione 2021 delle pietre d’inciampo a Roma è curata da Arte in Memoria, in collaborazione con le Biblioteche di Roma e con il patrocinio di vari municipi capitolini, dell’UCEI e della Comunità ebraica locale. A collaborare anche Aned (Associazione Nazionale ex Deportati); Anei (Associazione Nazionale ex Internati), Federazione delle Amicizie Ebraico Cristiane di Italia, Fondazione Cdec (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), Irsifar (Istituto Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza) e Museo Storico della Liberazione.
Presente stamane al Portico d’Ottavia la presidente del primo municipio Sabrina Alfonsi. Mentre un accompagnamento musicale è stato offerto dal violinista Marco Valabrega.

(19 gennaio 2021)