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Un libro diverso dagli altri

Se questo è un uomo è un libro diverso dagli altri che Primo Levi pubblicherà nel corso della sua vita. L’anomalia, ma anche il fascino consistono nella disposizione in forma nuova di riferimenti antichi. Il titolo stesso suona come un’apologia dell’umanesimo e della ragionevolezza, eco lontana di una stagione al tramonto. L’universo politico che Levi ha in mente per il futuro non è il sogno utopistico di una palingenesi, ma il ritorno a una temperata liberaldemocrazia: «Viene infatti considerato tanto più civile un paese, quanto più savie ed efficienti vi sono quelle leggi che impediscono al misero di essere troppo misero, ed al potente di essere troppo potente» (Squ, i, 64). La singolarità del libro consiste nell’impossibilità di rinchiuderlo in un genere, riassumendone di fatto più d’uno (indagine storica sul Terzo Reich, cronaca evenemenziale, diario, prosa poetica, saggio di filosofia morale), ma rispecchia uno stile che si dissocia dallo spirito del suo tempo. Questo sommarsi di elementi dissonanti spiega perché, al suo apparire, nel 1947, il libro non fu compreso e spiega anche perché così tanti anni siano stati necessari per attribuirgli il valore che spetta a un classico della letteratura.

Alberto Cavaglion, dall’introduzione di Primo Levi: guida a Se questo è un uomo (Carocci editore)