La domanda bizzarra
Spesso, soprattutto quando si avvicina il Giorno della Memoria, capita di sentir chiedere “Perché si parla tanto di Shoah e non di …?”; il seguito dipende solitamente dalla collocazione politica di chi ha posto la domanda: nella variante di destra si parla dei gulag o delle foibe, nella variante di sinistra si parla dei palestinesi (anche se stanno passando di moda); poi ci sono varianti “neutre” che vanno dallo sterminio dei popoli americani nel XV secolo al genocidio degli armeni. Ora, che di alcuni argomenti (e certamente il genocidio degli armeni è tra questi) si parli troppo poco e ci siano colpevoli silenzi e negazioni è certamente vero. Ma perché si dovrebbe parlarne proprio nel giorno dedicato a un altro tema? E quante volte capita di sentire discorsi del genere a parte quando si parla di Shoah? Non ho mai sentito un allievo contestare una lezione su Leopardi sostenendo che invece si dovrebbe parlare di Manzoni (non un’altra volta, s’intende, ma proprio quel giorno lì). Non ho mai sentito in un’assemblea studentesca dedicata ai cambiamenti climatici qualcuno che si alza e domanda perché non si parli di lotta alla mafia (o viceversa). Si contesta il fatto in sé che ci sia una giornata dedicata alla memoria della Shoah anche se non è certo l’unica giornata dell’anno dedicata a un tema specifico e nessuno di solito contesta le altre.
La storia come disciplina scolastica non è altro che una scelta di pochi (pochissimi) eventi da privilegiare su un’infinità di fatti più o meno dimenticati. Con un’evidente tendenza italocentrica, eurocentrica o al massimo (ma solo per la storia antica) mediterraneocentrica che tutti considerano ovvia e legittima in qualunque occasione tranne quando si tratta di Shoah, perché solo in quel caso qualcuno pare ricordarsi che esiste il resto del mondo di cui non si parla abbastanza. Trattando della conquista della Gallia da parte di Giulio Cesare o del suo assassinio nessun allievo si è mai alzato per domandare perché si taccia contemporaneamente su tutte le altre stragi e delitti del I secolo a.C. Nessuno si scandalizza per l’eccessiva importanza data ai 300 spartani morti alle Termopili anche se talvolta con loro si esaltano acriticamente valori che vanno dal militarismo al razzismo. Nessuno si domanda perché dobbiamo conoscere la cronaca della congiura di Catilina giorno per giorno mentre non sappiamo nulla di nulla dei popoli che vivevano in quel momento in America e nell’Africa subsahariana.
Insegno in una scuola che nel 1938 ha cacciato via 39 allievi ebrei e non 39 allievi atzechi o tibetani. Eppure agli occhi di qualcuno tra i colleghi e gli allievi questo non basta per giustificare il fatto che si parli di Shoah un po’ di più di quanto si parla di eventi avvenuti in altre epoche o dall’altra parte del mondo.
O forse il problema è proprio questa scomoda vicinanza che sollecita indigeste assunzioni di responsabilità?
Anna Segre, insegnante
(22 gennaio 2021)