Oltremare – Troppa memoria

Troppa memoria può far male all’anima, specialmente in un anno come questo.
No, non è ancora finito, l’annus horribilis del Coronavirus, perché non coincide davvero con il 2020, ma è iniziato nel mondo occidentale solo intorno a Carnevale, qui da noi si può dire perfino a inizio marzo, con la chiusura dei cieli sopra Israele e il rimpatrio d’urgenza di tutti gli israeliani che si erano sparsi per le piste di sci di mezzo mondo. Quindi teniamo duro fino a Purim almeno, se non a Pesach, prima di dire che abbiamo patito per 12 mesi.
La Memoria di cui parlo però è quella della Shoah, che in questi giorni sta dilagando in tutte le possibili maniere via giornali, radio, e ovviamente social italiani. Il fatto è che però, per chi vive in Israele il giorno della Memoria istituzionale è spostato in avanti e cade in primavera, mentre per i più tradizionalisti è rappresentato da un digiuno, quello del 10 di Tevet, che quest’anno era a fine dicembre. E in Israele, per motivi che non ho mai completamente capito, tutta la comunità degli Italkim si allinea sul 16 ottobre – data spiccatamente romana – con le commemorazioni a Yad Vashem.
Ben quattro date: una autunnale, due invernali e una in piena primavera. Hanno pensato bene di lasciar fuori l’estate, almeno. Naturalmente questo affastellarsi di date e commemorazioni vale solo per noi italiani in Israele, ma è davvero notevole e se da un lato questo permette una certa libertà di manovra per cui ciascuno decide quando davvero calarsi nella fatica intellettuale ed emotiva che queste occasioni richiedono, dall’altra è anche facile finir per subire per accumulo tutte e quattro le date, con effetti di overdose più che comprensibili.
Molto tempo fa, direi poco dopo la mia aliyah, ho scelto in modo naturale Yom HaShoah, la data primaverile. Sicuramente una scelta dettata dalle iniezioni di sionismo liquido durante l’ulpan e il primo anno in Israele, quando tutti fanno a gara a insegnare al nuovo venuto le regole di comportamento sociale durante l’anno: dove essere e cosa fare, quando suonano sirene e quanto a lungo, e quando ci si ferma tutti in mezzo alle strada – scene che molti hanno visto in televisione e che quando si diventa israeliani diventano parte integrante dell’israelianizzazione. Le altre date – troppe comunque – le metto fra le cose inevitabili cui si è esposti, vivendo in un mondo globalizzato e (specie nell’anno del Covid-19) quasi privo di filtri nazionali, tanto è ormai tutto online, in tempo reale.

Daniela Fubini