Shoah, salvataggi e Resistenza
L’impegno di Memoria del Cdec

Le ricerche storiche condotte dalla Fondazione Cdec in tema di Shoah, salvataggi e partecipazione ebraica alla Resistenza saranno al centro della prossima puntata del programma televisivo Passato e presente in onda il 27 gennaio (alle 13.15 su Rai3 e alle 20.30 su Rai Storia).
Ospite di Paolo Mieli sarà Liliana Picciotto, storica del Cdec e tra le più autorevoli esperte in materia. Recente l’uscita di un suo saggio su Yad Vashem Studies con argomento il rastrellamento nazista del 16 ottobre 1943 a Roma. Un lavoro con vari spunti inediti.

“Appare innanzitutto chiaro – scrive Picciotto nel saggio – che Herbert Kappler, oltre che la nomina di capo della polizia tedesca a Roma, aveva, fin dall’8 settembre 1943, ricevuto anche il compito di occuparsi della sicurezza nelle retrovie della 14a armata della Wehrmacht, nella zona d’operazione di competenza del Feldmaresciallo Generale Kesselring, a capo delle armate Sud dell’esercito tedesco con quartier generale a Frascati, a qualche decina di chilometri da Roma. Questo emerge sia dalle dichiarazioni di Kappler durante l’interrogatorio al processo che subì da parte del Tribunale Militare Italiano nel 1947, sia dal fatto che egli fosse in contatto continuo con Kesselring, sia dal fatto che dalla sua radio a onde corte posta a Villa Wolkonski a Roma, giungessero a Berlino notizie anche di ordine militare. Inoltre, emerge che dalla sua stazione radio mandava radiomessaggi non solo ai suoi superiori competenti in Italia, Wolff e Harster, ma era in contatto diretto anche con Himmler e con altri uffici del RSHA a Berlino, soprattutto l’ufficio VI E, dedicato allo spionaggio estero e guidato da Schellenberg.
“Il segnale sicuro che gli ebrei d’Italia potevano essere fatti segno della soluzione finale sta nell’elenco, diffuso da Heinrich Müller, per conto di Kaltenbrunner, il 23 settembre 1943, dei Paesi i cui cittadini erano esenti dalla deportazione. L’Italia non faceva più parte di questo elenco. Inoltre, nell’ultima settimana di settembre 1943, Kappler ricevette da Berlino non un ordine operativo di realizzare azioni antiebraiche in Italia, ma il preavviso di prossime azioni antiebraiche, affidate invece ad altro ufficiale, il capitano delle SS Dannecker, inviato specialmente da Berlino con ordini firmati dal capo della Gestapo Müller. Questo schema era già stato sperimentato a Parigi all’inizio delle retate di ebrei, non affidate alla normale rete delle Dienstellen della Polizia, già molto impegnate in normali compiti di polizia. Il preavviso riguardava retate di ebrei che avrebbero dovuto avere luogo in tutto il territorio sotto influenza tedesca, Roma compresa. Prima della retata, il 26 settembre 1943, Kappler pretese dagli ebrei una taglia di 50 chili di oro, ben cosciente che il loro arresto sarebbe avvenuto di lì a poco, si tratta dunque di un’estorsione e non di un’azione diversiva per favorirli, come appare nelle sue dichiarazioni postbelliche. Le azioni antiebraiche avrebbero dovuto iniziare non da Roma, ma da Napoli, confine meridionale del territorio in quel momento sotto influenza tedesca e il 1 ottobre del 1943. Ciò fu reso impossibile dalla decisione di ripiegare l’esercito tedesco dall’Italia meridionale proprio in quei giorni. La retata degli ebrei di Roma fu la più clamorosa ma non l’unica. Il progetto di Müller era di di mandare Dannecker in Italia per effettuare retate a sorpresa in tutte le grandi città e di organizzare le deportazioni direttamente da quelle. Dopo Roma toccò a Firenze, Siena, Montecatini, Bologna, Genova, Riviera ligure di Ponente, Torino, Milano. Ci siamo soffermati su questo punto perché alcuni storici hanno scritto che la cessazione dei rastrellamenti a Roma dopo il 16 ottobre 1943 fu dovuta all’intervento del Vaticano. La partenza del distaccamento di SS di Dannecker da Roma fu la prosecuzione di un programma prestabilito e non l’effetto di alcun intervento esterno.
“Con tutta probabilità, l’idea di sottoporre gli ebrei a lavori di fortificazione, anziché deportarli, idea proposta chiaramente nei telegrammi al Ministro degli Esteri a firma Moellhausen del 6 e 7 ottobre 1943, accennata anche da Kappler ai suoi superiori del RSHA la stessa sera del 6 e da von Weizsäcker, ambasciatore del Reich presso la Santa Sede, a Ribbentrop, il 17 ottobre successivo, proviene dal feldmaresciallo Kesselring che aveva richiesto e fatto imporre questa corvée agli ebrei di Tunisia 10 mesi prima, quando la Tunisia era ancora saldamente in mani tedesche. La differenza di idee su come trattare gli ebrei non è dunque tra la centrale del RSHA e suoi sottoposti sul territorio o tra la centrale del RSHA e diplomatici tedeschi sul territorio, ma tra RSHA e Wehrmacht.
“I preparativi per l’azione antiebraica a Roma furono lunghi e laboriosi, vi collaborarono gli uomini di Kappler, gli uomini di Dannecker, ma anche le autorità italiane, che fornirono le liste degli ebrei residenti a Roma e i loro indirizzi. Una ventina di uomini della questura coadiuvarono a creare i foglietti per ogni quartiere di Roma con le liste degli ebrei ivi residenti e a battere a macchina migliaia dei fogli con i sei punti d’istruzioni da lasciare nelle case colpite dalla retata. In questi fogli di istruzione, battuti frettolosamente a macchina da mani diverse, compaiono infatti errori di ortografia e sono talvolta leggermente diversi l’uno dall’altro. Occorreva poi a Dannecker e Kappler, sempre con la collaborazione delle autorità italiane, ispezionare vari luoghi adatti dove concentrare temporaneamente le migliaia di vittime previste; non potevano sapere a priori che il posto adatto fosse l’edificio del Collegio Militare in Via della Lungara. Anche la fornitura di cibo per il convoglio di deportazione fu richiesta al Prefetto di Roma, responsabile del vettovagliamento della Città. Il treno partì poi dalla Stazione Tiburtina, uno scalo secondario di Roma, con vagoni forniti dalle ferrovie dello Stato italiane e con macchinisti e fuochisti italiani che si diedero il cambio fino alla frontiera dell’Italia con l’Austria. In tutta questa vicenda, gli unici segni di umanità vennero dalla popolazione italiana, fatta di vicini di casa, conoscenti, amici, negozianti che, davanti all’emergenza della retata, quella mattina del 16 ottobre 1943 aprirono le loro porte per nascondere ebrei terrorizzati. Il fatto che i tedeschi intendessero arrestare 8000 ebrei e ne arrestarono invece 1020, lo dobbiamo a loro”.

(Nell’immagine Liliana Picciotto con il Capo dello Stato Sergio Mattarella)

(25 gennaio 2021)