“Fascismi di ieri, fascismi di oggi:
l’odio sempre più un pericolo”
Fascismi di ieri, fascismi di oggi. Una duplice prospettiva ha caratterizzato la tavola rotonda online svoltasi nelle scorse ore su iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Al centro, affrontato da alcuni esperti, un tema così delineato: “Vi è una precisa responsabilità italiana, del regime fascista con tutte le sue caratterizzazioni, che ha portato alla guerra, alla persecuzione e al concretizzarsi dello sterminio degli ebrei italiani”. Il modo in cui il fascismo è penetrato nella cultura italiana, il modo in cui si è affermato, le matrici di organizzazione dello Stato e del potere, le violenze e il sistema propagandistico sono stati oggetto di studio e di ricerca. Ma ancora, è stato rilevato, “vi è insufficiente conoscenza, consapevolezza e senso di responsabilità per questo passato”. Un tema quanto mai attuale alla luce di una crisi epocale “che fa riemergere e spesso esplodere pregiudizi che non si è mai riusciti a sradicare” e riaffiorare idee complottiste “che oggi come ieri spesso portano ad individuare un comodo colpevole”.
“La distanza fisica che ci separa non fa certo venir meno l’importanza di affrontare certi temi”, ha detto nel suo saluto introduttivo il segretario generale della Presidenza del Consiglio Roberto Chieppa. Ad essere ricordate alcune recenti iniziative: dall’adozione della definizione IHRA alla nomina di Milena Santerini come coordinatore nazionale contro l’antisemitismo.
“La Memoria – le parole di Chieppa – è importante anche per ricordarci che abbiamo vissuto momenti peggiori di quelli che stiamo attraversando e ne siamo usciti”. Memoria che è anche sfida e stimolo per affrontare “tutte quelle disuguaglianze che con la pandemia stanno aumentando”.
“Il tema scelto quest’anno – è poi intervenuta Noemi Di Segni, presidente UCEI – è di tipo prettamente politico. Ci siamo infatti resi conto della necessità di far aprire gli occhi su quel che accade oggi”. Uno sforzo di consapevolezza che è rivolto soprattutto alle nuove generazioni, con una preoccupazione chiaramente espressa per tutti quei giovani che sono oggi attratti “da un percorso di odio”. Tra gli episodi citati quello del brutale assassinio del ventenne Willy Monteiro Duarte, la scorsa estate, a Colleferro. Apprezzamento è stato inoltre rivolto al governo per la determinazione posta nella lotta all’antisemitismo. Un tema che, anche attraverso la strategia nazionale da poco inviata a Palazzo Chigi, “è oggetto di uno specifico approfondimento”.
La parola è poi passata ai relatori, moderati e introdotti dal giornalista Giorgio Giovannetti. Dopo aver illustrato la barbarie del regime in molteplici ambiti, compresa la campagna d’Etiopia, la storica Annalisa Cegna si è soffermata sull’eterno cliché “Italiani brava gente” e su come questo sia stato strumentalmente usato nel corso degli anni. Numerosi gli impegni ufficialmente assunti in chiave memorialistica. Ma, a fronte delle diverse leggi emanate, “si continua comunque a rimuovere o a ignorare il passato fascista di questo Paese”. A mancare, la sua valutazione, “è stata una Norimberga italiana”.
La radice ebraica in Italia risale a ben due secoli prima dell’avvento del cristianesimo. Oltre due millenni di storia, non sempre semplice, spesso anzi assai complessa ma comunque nel segno della continuità. L’unico periodo in cui si è cercato di sradicarla del tutto, ha spiegato lo storico Michele Sarfatti, “è stato durante il nazifascismo”. Dopo aver raccontato le dure prove sofferte dagli ebrei italiani con la persecuzione dei diritti prima e delle vite poi, è arrivato un accenno a un fatto di stretta attualità: la lettera inviata agli ebrei italiani da Emanuele Filiberto, bisnipote di Vittorio Emanuele III. “A mio modo di vedere, un’iniziativa senza senso. Le scuse a parole non hanno valore. Quello che ci si può invece aspettare è che si facciano delle azioni concrete”.
Spazio poi alle riflessioni del giornalista ed ex parlamentare Furio Colombo, padre della legge istitutiva del Giorno della Memoria: “Quante volte – ha commentato – son stato redarguito, anche da persone che stimo, insofferenti al fatto che si parli ancora oggi del fascismo e delle sue responsabilità”. Un fastidio che ha diverse motivazioni. Prima delle quali, secondo Colombo, il fatto che “il fascismo in realtà non se ne è mai andato.” Anche per via “di quella Norimberga italiana precedentemente citata, che per motivi di convenienza politica non c’è mai stata”.
A concludere la conferenza lo storico sociale delle idee David Bidussa, che ha citato alcune letture istruttive per capire la posta in gioco e i rischi cui si rischia di andare incontro senza contromisure adeguate. Tra gli esempi fatti il recente saggio Come sfasciare un paese in sette mosse di Ece Temelkuran. Crea un movimento; disgrega la logica, spargi il terrore nella comunicazione; abolisci la vergogna; smantella i meccanismi giudiziari e politici; progetta i tuoi cittadini e le tue cittadine ideali; lascia che ridano dell’orrore; costruisci il tuo paese: queste le sette mosse individuate dall’autrice, testimone dello sfascio dei diritti nella sua Turchia. “Non voglio sapere a che punto siamo in Italia. Molte realtà nel mondo – ha osservato Bidussa – sono però a un punto tra tre e sette: penso alla Russia di Putin, all’Iran, alla Cina”.
Un problema che riguarda tutti. Nessuno escluso.
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(26 gennaio 2021)