Il rabbino capo di Roma a Radio 24
“Nessuna delega per perdonare”

“C’è un concetto difficile da spiegare, ma che è logico e fondamentale. Il perdono lo deve chiedere la persona che ha commesso la colpa, non posso essere delegato a chiedere il perdono. Come anche il perdono lo deve dare la persona che è stata offesa, non posso perdonare a nome di altri, per danni fatti ad altri anche se questi altri sono i miei genitori, i miei nonni, i miei antenati. Ognuno è responsabile delle azioni personali e ognuno può chiedere e concedere il perdono se c’è questo rapporto, altrimenti non è possibile”.
È un passaggio dell’intervista che Radio 24 ha fatto nelle scorse ore al rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni. Una conversazione che ha toccato vari temi e ha preso spunto in particolare dalla recente lettera di scuse inviata da Emanuele Filiberto, il pronipote del re Vittorio Emanuele III che nel 1938 pose la propria firma sulle leggi razziste. C’è una differenza tra il perdono cattolico e quello ebraico?, viene chiesto al rav Di Segni. Questa la sua risposta: “È un’antica questione teologica che si presta anch’essa a degenerazioni odiose e antisemite. Si basa sul fatto che da una parte ci sarebbe la religione dell’amore e del perdono, dall’altra quella della giustizia. Questa è una bestialità teologica, non esiste, l’ebraismo è una religione in cui si predica il perdono, se Dio non ci perdonasse nessun essere umano potrebbe sopravvivere. Però per chiedere il perdono e per concederlo bisogna che ci siano degli elementi di base che qui non ci sono”. Prosegue il rav: “Esiste un imperativo che è quello di ricordare per capire come avvengono certe tragedie, ma anche per prevenire che queste tragedie si ripetano” spiega il rabbino capo di Roma, rispondendo alla domanda su come si può evitare la retorica durante il Giorno della Memoria. “Di fronte a questo imperativo c’è un impegno a fare. Questo impegno purtroppo molto spesso scivola nella retorica, nella banalizzazione, nell’overdosaggio dei concetti e quindi può creare reazioni di rigetto o di stanchezza. È un’operazione difficile, ma questi rischi non ci devono esentare dal dovere di ricordare”. Per rav Di Segni l’antisemitismo “per molti aspetti assomiglia al virus del Covid perché è mutante, cambia in continuazione forme”. Tra le varie forme “certa intolleranza islamista” oppure quella dei suprematisti “che si danno da fare per diffondere messaggi antisemiti”.
Riguardo poi all’utilizzo dei vaccini per sconfiggere la pandemia, rav Di Segni ha osservato: “Le autorità rabbiniche di tutto il mondo sono in primo piano per adottare tutte le misure possibili per prevenire l’epidemia e se il vaccino è la risposta, bisogna farlo e spingere anche le autorità a farlo. C’è una mortalità impressionante e dobbiamo in tutti i modi fermarla”.