“Memoria, un presidio di civiltà”
È in aumento il numero degli italiani che vede nel Giorno della Memoria un argine democratico essenziale. Un vero e proprio presidio contro l’avanzata delle parole di odio. Lo evidenzia la nuova indagine condotta dall’istituto Swg in collaborazione con la redazione di Pagine Ebraiche.
Il tema è stato oggetto di un video-approfondimento che ha avuto come ospite Riccardo Grassi, direttore di ricerca Swg. Lo proponiamo quest’oggi ai nostri lettori. Di notevole interessi i dati raccolti e qui presentati. Assieme alla redazione, per una prima valutazione e un’esposizione del lavoro svolto su questo delicato fronte, la coordinatrice nazionale contro l’antisemitismo Milena Santerini, il direttore dell’Unar Triantafillos Loukarelis e la sociologa Betti Guetta dell’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione Cdec. A tenere le conclusioni la presidente UCEI Noemi Di Segni.
I numeri catalogati e analizzati da Swg attestano il buono stato di salute del Giorno della Memoria, ai massimi livelli di considerazione pubblica dal 2014 (il primo anno di rilevazione). Un fatto non scontato. Se nel 2019 l’attenzione dei media sul tema era stata alta e il monitoraggio dei tanti atti avvenuti aveva prodotto uno scatto di indignazione collettiva, nel corso del 2020, ricorda Swg, quasi tutta l’attenzione è stata assorbita dal Covid, relegando temi come quelli dell’antisemitismo abbastanza ai margini. Il fatto che nonostante ciò non si sia abbassata la soglia di attenzione potrebbe quindi essere l’indicatore, secondo Grassi, “di un cambiamento culturale profondo nel Paese”.
Uno scatto nel segno non tanto dell’emotività quanto di una reale consapevolezza delle molte minacce alla stabilità sociale che pure la condizione di crisi legata all’epidemia finisce per incentivare. Un numero tra gli altri spicca. Se nel 2015 a dirsi molto o abbastanza preoccupato per l’antisemitismo era infatti il 39% degli italiani, oggi sono 55 su 100 a scegliere questa opzione (nel 2020 erano stati 52). Un dato che non è certo casuale ai fini di questo rafforzamento.
Non mancano altri spunti di riflessioni preziosi per orientare le iniziative future, anche su un piano strategico-educativo.
“Nel 2020 – afferma Grassi – avevamo sottolineato come fosse fortemente cresciuta la percentuale di chi riteneva innanzitutto ‘giusto’ celebrare questa ricorrenza, segno di uno scarto semantico rispetto al passato e di una nuova attualizzazione dei contenuti del Giorno della Memoria. I dati del 2021 confermano quel quadro interpretativo, mostrando un drastico ridimensionamento della percentuale già esigua di intervistati che definivano la celebrazione retorica o inutile e un rafforzamento delle sue attribuzioni più positive: formativa, giusta, dovuta”.
Con l’indagine effettuata nelle scorse settimane si conferma anche la percezione che il Giorno della Memoria sia un riferimento valoriale universale. Un appuntamento cioè “che riguarda tutti gli italiani e non solo i discendenti delle vittime dell’Olocausto”.
(26 gennaio 2021)