Spuntino
Verità e fake news

Secondo la Ghemarà (TB Meghillà 10b) i brani che cominciano con “vayhì” (e fu), come la parashà di BeShallàch di questa settimana e la Meghillat Ester, preludono ad un’esperienza negativa. Ancora oggi capita di sentire l’espressione yiddish di spavento-sgomento “oy vey” che, foneticamente, suona simile. Rabbì Chayim Ben Attàr si domanda: cos’ha di tanto negativo l’uscita degli ebrei dall’Egitto di cui leggiamo nel sabato della Cantica del Mare? Una delle risposte è che la notizia riportata dai media dell’epoca era distorta e fuorviante. “Il faraone ha mandato via il popolo!” (Es. 13:17). Beh, un titolo di questo genere in prima pagina potrebbe lasciare intendere che gli ebrei partirono per volontà del faraone, senza alcun intervento divino. Oggi le notizie che si discostano dalla realtà dei fatti si chiamano fake news e rappresentano uno strumento classico del negazionismo e del cospirazionismo. Anche se alla fonte una cronaca viene riportata fedelmente, in seguito può essere soggetta a falsificazioni che oscurano, manipolano o addirittura ribaltano la verità. Oy vey! Non riconoscere la verità (ad esempio: il fatto che D-o ha liberato gli ebrei dalla schiavitù d’Egitto) può avere conseguenze catastrofiche. Talvolta la verità fa male (nell’esempio: sicuramente al faraone!), lo sappiamo, lo dice anche una canzone interpretata da Caterina Caselli negli anni sessanta. Una strofa recita: “C’è già tanta gente che ce l’ha su con me, chi lo sa perché?”. La verità, anche se è scomoda, andrebbe accettata e affrontata, senza vittimismi. A volte bisogna ingoiare il rospo – giusto per ritirare in ballo le piaghe – anche se è indigesto. Qual è la ricetta? Un possibile approccio è di affrontare le difficoltà pensando che poteva andar peggio. Ce lo suggerisce un altro episodio della parashà. Vediamolo. Dopo la miracolosa apertura del Mar Rosso e l’attraversamento all’asciutto il popolo ebraico giunge a Marà e si lamenta perché l’acqua è, come lascia intendere il nome del luogo, amara. D-o indica un pezzo di legno (Es.15:25), Mosè lo getta nell’acqua e questa diventa dolce. Sembra strano perché il legno normalmente ha proprietà tutt’altro che dolcificanti. Ecco allora spiegata la ricetta: per addolcire qualcosa di amaro bisogna usare un condimento ancora più amaro. C’é un boccone che non ti va giù? Osserva chi sta peggio e diventerà uno zuccherino. Nello stesso versetto è scritto che D-o “là dispose (un) postulato e (una) legge mettendolo [il popolo, secondo Rashì] alla prova”. La vera prova consiste dunque nell’accettazione della Legge proprio quando qualcosa va storto.

Raphael Barki