Un’eroina troppo presto dimenticata

Il tempo non è stato generoso con Miriam Michaelson. Malgrado una traiettoria di vita e di lavoro eccezionale, che l’ha vista protagonista del movimento femminista e fra le autrici più celebri dell’epoca, è stata a lungo dimenticata dal pubblico e dalla critica. Nata a Calaveras in California nel 1870, in una città di minatori, è figlia di emigrati dalla Polonia per scampare alle persecuzioni antisemite, che in America si sono rifatti una vita come commercianti di successo nel clima febbrile che accompagna la corsa all’oro. Miriam inizia a scrivere giovanissima e si trasferisce a San Francisco dove lavora per i quotidiani più prestigiosi della città. Qui rifiuta di restare confinata nei generi riservati alle donne – casa, moda, cucina – e si ritaglia un ruolo di primo piano seguendo la cronaca nera, la politica e gli esteri. I suoi reportage riflettono una visione progressista e documentano con immediatezza le battaglie femministe e le sue protagoniste, le tensioni razziali e sociali che percorrono la città, la metamorfosi storica in atto sulla West Coast. Una delle sue corrispondenze più famose, nel 1897 dalle Hawaii al tempo del movimento contro l’annessione, presenta il suo ritratto con grande evidenza: il semplice fatto che una donna sola si sia avventurata fin laggiù ha qualcosa di eccezionale. Dal giornalismo Michelson presto passa alla fiction. Nel 1904 il suo primo romanzo In the Bishop’s Carriage, che ha come protagonista una borseggiatrice, ha un successo strepitoso e diventa un film con Mary Pickford. I romanzi e i racconti si susseguono: The Madigans che rievoca in chiave di fiction la sua infanzia, Yellow Journalist ispirato alla sua esperienza da giornalista e tanti altri. La novella Superwoman, che anticipa il personaggio di Wonder Woman, è pubblicata nel 1912 sulla rivista Smart Set, una sorta di antesignana del New Yorker. Quando nel 1907 suo fratello Albert diventa il primo americano a vincere il premio Nobel per la fisica, si parla di lui come del fratello della ben più nota Miriam. Eppure, dopo la morte nel 1942 la memoria della scrittrice è cancellata alla svelta. La critica la liquida come autrice popolare e priva di valore letterario. Il femminismo e la sensibilità sociale che intridono i suoi scritti non sono considerati degni di attenzione e così il suo stesso ruolo di pioniera – una giornalista single, indipendente e di successo al tempo in un’epoca che impedisce alle donne perfino il voto. Miriam Michelson finisce così nel cono d’ombra che così spesso inghiotte la letteratura scritta da donne. E che a salvarla da lì sia stata Wonder Woman è una gran bella giustizia poetica.

Pagine Ebraiche Febbraio 2021