“Covid, non lasciamo
soli i malati”
Con il proprio volto stampato sul camice, Limor Di Segni da mesi entra ogni giorno nelle stanze dove sono ricoverati i pazienti con Covid-19. Si mette al loro fianco, parla con loro, li aiuta ad affrontare le ansie, la paura di morire, la profonda solitudine. Da vent’anni Limor collabora con gli ospedali israeliani, mettendo al servizio dei pazienti le sue competenze di assistente sociale. “Non avrei mai immaginato però di assistere a una situazione come quella che stiamo vivendo: migliaia di persone ricoverate che non possono neanche incontrare i propri cari”, racconta a Pagine Ebraiche. La solitudine è uno dei più tragici effetti del Covid-19. I ricoverati non hanno la possibilità di avere un contatto reale con i propri famigliari fuori. Telefonate e videochiamate sono, quando possibile, l’unico importante legame con l’esterno. Milioni di persone se ne sono andate senza poter dare l’ultimo saluto a figli, mogli, mariti, amici. “La cosa che fa più paura è morire soli” sottolineava a Pagine Ebraiche Liliana Segre, mentre l’Italia affrontava la prima tragica ondata della pandemia. “Da noi la prima fase non è stata così critica come in Italia, ma comunque nessuno poteva visitare i pazienti”, spiega Limor. Poi anche in Israele il virus ha iniziato a diffondersi, costringendo in ospedale migliaia di persone, chiuse in reparti isolati. “Dalla seconda ondata nel mio ospedale, il Carmel di Haifa, abbiamo deciso di cambiare strategia. E, oltre alle videochiamate con i parenti, ho iniziato ad entrare nelle stanze per dare assistenza psicologica ai pazienti. Lavorare con loro per affrontare le paure e la solitudine, essere di conforto e sostegno per persone che si sentono perse e abbandonate. Non siamo abituati a una cosa del genere, a una malattia che ci costringe a tagliare i ponti con tutti, a morire soli”. Limor racconta di aver fatto in questi mesi da ponte tra le famiglie e i pazienti. Ci parla dell’intensità di questi momenti, dell’immensa gratitudine negli occhi di malati e parenti. Una di queste esperienze l’ha messa per iscritto. “David (pseudonimo) ha 57 anni. Un uomo in salute, senza malattie pregresse. È stato ricoverato nel reparto Covid-19 in buone condizioni. Durante il ricovero, la sua situazione è peggiorata. Soffriva di difficoltà respiratorie e aveva bisogno di un ventilatore polmonare. La sua condizione fisica ha influito sul suo stato mentale. Era isolato, in ansia e impotente di fronte ai diversi sintomi. La sua vita per la prima volta a rischio. Negli incontri al suo capezzale – racconta Limor – si è creata una vicinanza attraverso gli occhi e la mia presenza fisica. Gli stavo seduta accanto per fargli sentire che non era solo. Durante le nostre conversazioni ho cercato delle strategie per intervenire sul suo stato d’ansia e sulla paura della morte, per identificare assieme le sue risorse per far fronte a questi momenti difficili. Abbiamo costruito un contatto umano caloroso e solidale, in momenti così difficili. Ogni volta che mi salutava, piangeva. Mi faceva promettere che sarei tornata a fargli visita. Lo faceva ad ogni incontro, testimonianza dell’intensità della sua solitudine”. Nella stanza di David come in quella di molti altri pazienti, Limor e il personale del Carmel ha poi fatto in modo che entrassero i famigliari. “Oggi riusciamo ad aprire le famiglie anche due volte al giorno. È un momento fondamentale per i malati e per i parenti. Alcuni sono spaventati ad entrare, ma noi li tranquillizziamo, li vestiamo con tutte le protezioni e poi iniziamo la visita”. Queste aperture non sono scontate, spiega Limor, perché gestire gli ingressi delle famiglie comporta ulteriore stress su di un personale già sotto pressione. “Ma tutti ci rendiamo conto che questi incontri sono imprescindibili”. Anche il ministero della Sanità ha dato delle direttive a sostegno delle aperture ai parenti e ciascun ospedale si è organizzato per farle. “Per me è una grande soddisfazione. Ci sente veramente utili nel dare una mano concreta a persone che soffrono. Ma non sono sole”.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche Febbraio 2021