Il magnifico ritorno di Sofia

Il ritorno di Sofia Loren dopo un decennio di assenza dallo schermo è da solo un’emozione. E ancor più emozionante è ritrovarla nei panni di Madame Rosa in La vita davanti a sé, diretto dal figlio Edoardo Ponti e basato sull’omonimo romanzo di Romain Gary. Era facile naufragare nel ruolo che era stato dell’indimenticabile Simone Signoret nell’altro film tratto dal libro di Gary, Madame Rosa (1977). E ancor più facile adagiarsi nell’ovatta degli stereotipi, cedere ai sentimentalismi e alla retorica. Bastano però poche scene a capire che non va così. Sofia Loren è strepitosa. La sua padronanza dello schermo toglie il fiato. Le sue risate, le invettive, le lacrime sono perfette. È lei, è tornata. Ed è straordinaria. Ambientato a Bari anziché a Parigi come il libro di Gary, il film (disponibile su Netflix) racconta la storia di un’anziana sopravvissuta alla Shoah, ex prostituta, che si prende cura dei bambini di altre sex worker. La sua casa è l’unico rifugio di un quartiere dove la povertà è nell’aria e lo spaccio un mestiere come un altro. A ribaltarle la vita è l’arrivo di Momo, un ragazzino senegalese musulmano, aggressivo e inquieto (un bravissimo Ibrahima Gueye). Nel racconto di Momo ci caliamo nella vita della donna, ne scopriamo il coraggio e la sofferenza. E mentre la vediamo farsi sempre più fragile e ritirarsi nelle sua assenze, assistiamo al miracolo di un affetto inaspettato che alla fine urla le sue sue ragioni. Sofia Loren è una Madame Rosa generosa e irriducibile, allegra e rabbiosa, legata alle radici ma slanciata verso il futuro. La vediamo mentre balla in salotto con l’amica Lola; mentre discute con l’amico dottor Cohen; mentre sul tetto cede alla memoria atroce del passato; mentre pretende l’ebraico dai suoi bambini – si segnala in proposito l’apparizione sullo schermo del primo volume della collana La mia Torah pubblicato da Giuntina sotto l’egida dell’UCEI. Certe approssimazioni sul versante ebraico saltano all’occhio ma Sofia Loren regala alla sua Madame Rosa un’intensità bruciante e con coraggio porta in scena ciò che il luogo comune rifiuta. Una donna che sceglie di invecchiare a modo suo – dura, esuberante, orgogliosa. Mentre la guardiamo muoversi nell’appartamento nella sua vestaglietta, i capelli grigi sciolti sulle spalle e il volto increspato dall’età tornano alle mente le immagini di lei che hanno fatto la storia del cinema. Com’era bella, viene da dire. E poi, no. È bella. Oggi come mai.

Daniela Gross, Pagine Ebraiche dicembre 2020