La missione di un rav

Itrò, nel ricondurre a Moshè moglie e figli dopo l’uscita dall’Egitto, si preoccupa di suo genero perché dedica tutto il suo tempo ad ascoltare il popolo e pertanto gli consiglia di nominare degli uomini che possano coadiuvarlo nell’esplicazione delle sue mansioni. Lui in tal modo potrà dedicarsi solo ai casi più difficili.
Moshè accoglie il consiglio di suo suocero anche se con il suo continuo dedicarsi al popolo insegna a noi un grande messaggio.
Nel testo si parla di amministrare la giustizia: il popolo però non ha bisogno soltanto di un giudice, bensì di una guida.
Moshè è il Rav del popolo di Israele, egli ha oltre al compito di amministratore di giustizia anche quello di guida che possa indirizzarlo nella strada giusta; di condurlo in battaglia e infondergli la sicurezza necessaria che sta nella fiducia in D-o. Deve inoltre, quando occorre, recitare le preghiere per ogni evenienza: non basta un giudice per fare tutto ciò.
La missione di Moshè e quella di un Rav è di guidare il suo popolo e la sua comunità senza stancarsi mai, rinunciando a volte, proprio come accade a Moshè, all’affetto dei famigliari.
Per questo compito nessuno aiuto può essere valido.
Moshè è il “comandante supremo” è colui che difficilmente abbandonerà la nave se prima i passeggeri non sono tutti in salvo; anche a costo della propria vita. Dedicando tutta la sua vita al popolo, ha voluto vederli entrare in Eretz Israel, rinunciando egli stesso ad accompagnarli per cedere il posto al suo successore nel momento in cui era sicuro di non farcela più.

Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna

(5 febbraio 2021)