Fiume, Memoria per l’incontro

Il 2020, l’anno nel quale la città di Fiume è diventata Capitale europea della cultura, è stato anche l’anno in cui la Comunità ebraica ha coronato il triennale restauro della camera mortuaria al cimitero monumentale di Cosala. Il restauro è stato cofinanziato dal Comune di Fiume e dalla Regione Litoraneo-montana, per un importo di circa 60mila euro. Nella ricostruzione parziale e per il restauro sono stati sanati il tetto, le scale, la facciata, gli interni e le epigrafi, sotto l’attenta supervisione della Sovrintendenza ai beni culturali ed utilizzando esclusivamente i materiali originali. Va detto che la camera mortuaria è stata già restaurata circa tre decenni fa, utilizzando gli stessi materiali originali e che essi sono di inferiore qualità, prestazione e durata rispetto a quello che offrono i materiali d’avanguardia oggi sul mercato. Tuttavia si è deciso di scegliere questa strada per rendere in veste originale quel che si considera un autentico gioiello della Fiume antica. Purtroppo, la fine dei lavori ha tardato ed ha coinciso con il giro di vite sulle restrizioni che la pandemia ha imposto a tutto il mondo, turbando gravemente lo svolgimento di tutte le manifestazioni legate a Fiume – Capitale della Cultura.
Aprendo una breve parentesi, c’è da dire che la Città di Fiume, proponendosi prima e promuovendosi poi, ha scelto proprio l’antica porzione del cimitero ebraico da inserire tra la cinquantina di foto che avrebbero dovuto presentare la città al mondo. Quando i primi ebrei ufficialmente residenti si sono stabiliti a Fiume, negli anni Settanta del Settecento, hanno posto due condizioni al governatorato e assicurato che la concessione dell’insediamento e l’evasione delle due condizioni avrebbe portato prosperità economica e commerciale alla città. Il governatore ha concesso l’insediamento ed entrambe le condizioni: impiantare una casa di preghiera e un cimitero ebraico.
Poiché a Fiume, come altrove, alla fine del Settecento il camposanto era sempre situato all’interno e nell’immediato circondario delle chiese e Fiume non aveva una sinagoga né una comunità ebraica autoctona, e poiché anche a Fiume si è instaurata una breve ma onnicomprensiva dominazione francese, anche Fiume ha dovuto, chi è memore di Foscolo ricorderà, organizzare per ragioni sanitarie e sociali un cimitero comunale esterno alle mura cittadine.
Agli ebrei è stato concesso di organizzare una sinagoga e un cimitero a patto che trovassero il sito e se ne occupassero autonomamente. La casa di preghiera è stata istituita subito nella casa di una delle prime tre famiglie immigrate (erano le numerose famiglie dei Penso, Ventura e Piazza) ma il cimitero, questione impellente a causa dei restrittivi precetti ebraici, era ben altro: inizialmente nessuno voleva vendere il proprio terreno agli ebrei. Finalmente si trovò un venditore disposto a cedere la propria vigna, che come dimensione e sito poteva essere convertibile in cimitero. Così la prima comunità ebbe il primo cimitero in rione Zenikovich, dietro alla scuola di musica e via M. Buonarroti, oggi Laginjina.
Nel frattempo il Comune aveva già avviato i lavori per un cimitero nell’alto rione di Cosala, dove seppellire tutti i defunti fiumani, anche gli ebrei, la cui associazione caritativa Chevra kadisha aveva acquistato un’ampia porzione.
Il Comune concluse i lavori negli anni Trenta dell’Ottocento ma gli ebrei continuarono a seppellire i propri morti nell’antico cimitero fino a quando, costretti dal Comune e in seguito a diversi rimandi e richieste, vi trasferirono le lapidi e i resti dal vecchio cimitero, negli anni Ottanta dello stesso secolo.
Fonti attestano la permanenza del primo cimitero ben oltre la conclusione del secondo conflitto mondiale che devastò la comunità ebraica locale. Poi, come fu per tutti i piccoli cimiteri in città, l’inurbamento e il progresso fagocitarono anche questa piccola perla ebraica di fiumanità.Il cimitero nuovo è suddiviso in due campi di cui uno spezzato in altri due. Una porzione è la “nuova”, in uso tutt’oggi dalla piccola comunità di circa 150 membri e del circondario, e una parte antica che annovera tombe dell’Ottocento. Quella è la parte monumentale, non più in uso, protetta come bene culturale con dieci anni di anticipo rispetto alla tutela estesa poi al cimitero tout court. Questa parte antica, nel muro di cinta a Sud, trova incassate le lapidi di tradizionale forma piramidale che chiudevano gli avelli nel cimitero antico. Inizialmente il cimitero era cinto da un’alta e fitta ringhiera in ferro battuto, tolta dopo la Seconda guerra mondiale. All’ingresso del cimitero ebraico, in corrispondenza con una piccola fonte d’acqua, la Chevra kadisha ha fatto progettare ed erigere una piccola camera mortuaria. La gestazione dell’edificio è stata lunga e tormentata: il primo progetto è stato cassato, il secondo è stato eseguito ma l’edificio è stato smantellato quasi subito perché reputato troppo piccolo, mentre il terzo, l’unico progetto non rinvenuto negli archivi, è stato invece eseguito ed è quello esistente. L’edificio è opera di Francesco Plaček (Placek), autore di diversi fregi e opere architettoniche minori su vari edifici fiumani.
All’epoca la comunità aveva avviato una grande raccolta di fondi per l’acquisto e l’erezione di una sinagoga vera e propria, il Tempio grande di Lipot (Leopoldo) Baumhorn, inaugurato per Rosh Hashanà del 1903. La camera mortuaria al cimitero si inaugura nel 1904.Questo è il periodo che comunemente denominiamo “idillio ungherese” quando Fiume vive il proprio apogeo, una grande impennata nell’economia, nel traffico, nei trasporti, nelle arti e nelle comunicazioni. Lo spirito cosmopolita del Porto franco (dal 1719) si fa sentire in tutto l’Impero. Tutte queste ragioni fanno convergere l’attenzione su Fiume anche di altri gruppi: gli ebrei dall’altra parte del ponte sul fiume Eneo (Rječina), nella citta di Sussak (Sušak) che in altri contesti politico-amministrativi combattono per affermare la propria esistenza e stabilire una comunità ebraica con una Chevra kadisha e un cimitero propri. Ebrei ortodossi dall’inizio del secolo scorso immigrano alla spicciolata a Fiume, fondando una propria comunità che purtroppo inaugura una sinagoga fresca di erezione lo stesso anno della promulgazione della Legge Falco che riunisce le piccole comunità di una zona in quella preminente. Queste altre due comunità, quella di Sussak e gli ortodossi, usano lo stesso cimitero di quella riformata. Ciò rende la porzione antica del nostro cimitero testimone dei vari cambiamenti storici che si sono susseguiti in città: tombe con nomi sefarditi e ashkenaziti, tombe neolog, una tomba con l’insegna dannunziana sul verso latino, tombe senza iscrizioni ebraiche, tombe stilizzate o di alto design per le quali ancora esistono i progetti architettonici firmati da prestigiosi architetti locali, cognomi italiani, ungheresi, tedeschi, croato o italianizzati prima e slavizzati poi.
Tutte queste persone hanno terminato il loro viaggio nel bell’edificio dell’obitorio di Placek, a due navate, due camere mortuarie: l’una con il tavolo in pietra per il rituale della taharà e l’altra senza, destinata ai defunti morti di malattie infettive, con una bella loggia che apre lo sguardo verso il cuore del cimitero. Le iscrizioni epigrafiche seguono l’itinerario del rituale: due versioni di kaddish e una preghiera di shloshim, da recitarsi durante la visita al cimitero al trentesimo giorno della dipartita di un caro. La Comunità fiumana è poco religiosa e piuttosto assimilata, piccola ma tenace, dispone di una sinagoga, il tempio ortodosso e di un bagno rituale, mikveh, l’unico in tutta la Croazia. Rimane una delle uniche tre sinagoghe del paese che dopo la Seconda guerra mondiale sono rimaste sinagoghe ad uso della comunità. Tutto l’archivio è andato distrutto durante la guerra. In Croazia ci sono tre rabbini: il rabbino capo e due rabbini di due comunità separate, la Bet Israel e la comunità chabad. Tutti e tre hanno sede a Zagabria, nella capitale, il che ostacola un “revival” religioso e culturale delle comunità dislocate. Si onorano le feste maggiori in sinagoga e negli ultimi anni si promuove la cultura ebraica mediante programmi aperti al pubblico e la collaborazione con scuole ed università.
Nel 2020 abbiamo celebrato la ricostruzione e il restauro della camera mortuaria del cimitero di Cosala con due mostre fotografiche, una nella galleria della sinagoga ad ottobre e una nella galleria fotografica Principium, a novembre, in collaborazione con due enti culturali cittadini, il KUD Baklje e il Fotoclub Rijeka. Con l’acuirsi della situazione epidemiologica e persistendo la grande richiesta del pubblico, abbiamo tenuto conferenze online, anche con la partecipazione della professoressa Daina Glavočić, storica dell’arte e guida del nostro cimitero (il filmato è disponibile su Youtube).
Alla ricerca sul cimitero di Fiume che è stata la base della mostra hanno contribuito anche il Museo ebraico di Trieste Carlo e Vera Wagner, il docente universitario israeliano Eliezer Papo per le traduzioni dei testi sacri citati nelle epigrafi, la professoressa Ljubinka Toševa Karpowitz che ha esplorato l’Archivio di stato di Belgrado per la comunità di Sussak, l’Accademia di belle arti dell’Università di Fiume che ha coadiuvato i fotografi e i fotografi Fred Demark, Josip Čekada e Gianni Vuljanić del KUD Baklje che hanno eseguito le foto e le video registrazioni addirittura usando un drone, producendo le prime foto aeree del nostro cimitero. Il cimitero di Fiume ha concesso le esplorazioni fotografiche in cambio delle immagini.
Siamo in un luogo in cui si fa anche Memoria. Ogni 27 gennaio una cerimonia si tiene infatti a fianco alla stele recante i nomi dei 150 fiumani periti e la grande stella di Davide di Zdenko Sila (1981), di fronte al rinnovato obitorio.La mostra è stata patrocinata dal Comune di Fiume e dalla Regione Litoraneo-montana, mentre il contributo di tutti i partecipanti è stato a titolo gratuito.

Rina Brumini, coordinatrice e vicepresidentessa della Comunità ebraica di Fiume

(8 febbraio 2021)