La Memoria sotto attacco
Una legge polacca del 2018 mette sotto accusa chi “diffama la nazione”. In questo caso, diffamare la nazione voleva dire da una parte usare la dizione “campi di sterminio polacchi” per indicare i campi nazisti in Polonia (e fin qui ci si può stare) ma dall’altra vuol dire rendere impossibile, perché lesiva della Nazione, la ricerca storica sul comportamento dei polacchi nel corso dell’occupazione e sul loro difficile rapporto con gli ebrei. Di fronte alle reazioni anche da parte israeliana la legge era stata in parte modificata ma non abolita. Oggi, ce lo ricorda Wlodek Goldkorn in un articolo su Repubblica dal titolo significativo: Processo alla Storia. In Polonia va alla sbarra la memoria della Shoah, il tribunale distrettuale di Varsavia emanerà il verdetto in una querela per diffamazione portata avanti, nel clima della legge del 2018, dai discendenti di un sindaco accusato di aver fatto uccidere degli ebrei nei confronti di due storici, autori di un libro importante, La notte non è finita: Barbara Engelking, dell’Accademia delle Scienze polacca, e Jan Grabowski, figlio di un sopravvissuto che insegna in Canada. In questi giorni, la notizia è data da Haaretz, la polizia ha fermato e interrogato una giornalista polacca, Katarzyna Markusk, per aver scritto un articolo dove, denunciando il coinvolgimento di polacchi nella Shoah, diffamava la nazione. Molte le proteste contro questo intollerabile attacco alla libertà della ricerca e alla Memoria della Shoah, da Yad Vashem a tutti gli Istituti di ricerca sulla Shoah. E noi? E le nostre Università?
Anna Foa, storica
(8 febbraio 2021)