Competenti al governo
Il primo maggio 1923, a pagina 51, “La Rivoluzione Liberale”, diretta da Piero Gobetti, pubblicava un articolo di Tullio Ascarelli (1903-1959), intitolato “Competenti”, ripreso da “Studi Politici”. Ascarelli è stato il più illustre giurista italiano e, soprattutto, il più moderno e colto, capace di elaborare ragionamenti sulla base di Sofocle, Hegel, Shakespeare ed il Talmud: tempi migliori.
Ascarelli asseriva che “si grida da tutti in Italia che ciò che ci fa bisogno è un Governo di competenti. Come, gridano tutti i nostri cittadini ben pensanti, si richiede una specifica preparazione per un qualunque veterinario e non la si richiede per un uomo di Stato? Come è possibile che un diplomatico possa andare alle Finanze, un filosofo alle colonie, un giurista agli Esteri? È questa, dicono i più fini politici, la vera causa del predominio della burocrazia, tanto più irresponsabilmente onnipotente per quanto maggiore è l’incompetenza del responsabile ministro; è questa, si dice, una delle cause della decadenza del Parlamento, assemblea di incompetenti, che opportunamente potrebbe venir sostituito da corpi tecnici. e la più grave accusa che molti muovono al Governo di Mussolini è quella di contare nel suo seno alcuni incompetenti. I problemi politici non sono problemi tecnici ma problemi umani. Dietro la venerazione dei competenti che fortunatamente rimarrà sempre allo stato di amor platonico, v’è nascosto qualcosa di caratteristicamente italiano: cioè il bisogno, che sembra tanto preoccupare questo nostro buon popolo, di rinunciare al proprio giudizio politico: il che val quanto dire rinunciare alla propria libertà politica”.
Aveva ragione Ascarelli? Leggo da qualche parte che la democrazia, per funzionare, necessita di un minimo di benessere e di un minimo di cultura. Nello stesso numero del periodico di Gobetti qui citato, vi è un articolo di Luigi Salvatorelli che spiega il fascismo (quasi) in due parole; l’unica differenza con l’attualità riguarda il tasso qualitativo, per il resto sembra scritto oggi.
Poiché è stato conferito l’incarico di formare il governo ad un competente, può essere l’occasione di ribadire la necessaria separazione fra tecnici e politici, la quale nulla toglie al bisogno che il politico sia preparato e alla constatazione che il competente sa di compiere scelte politiche. Per compiere scelte politiche, è bene essere competenti. All’uruguagio José Pedro Varela, quando istituì nel 1876 la scuola pubblica, laica e obbligatoria, gli si rimproverò di averlo fatto sotto la dittatura di Lorenzo Latorre, ed egli rispose che così preveniva la formazione di future dittature.
Emanuele Calò, giurista
(9 febbraio 2021)