Setirot – Il bene comune

Per Purìm – non essendo più un bambino – mi aspetto ormai soltanto qualche dolcetto e la lettura della Meghillàh Estèr, che non potrò ancora fare al Tempio causa pandemia. Peccato, anche perché sui travestimenti della politica odierna, e sui suoi disvelamenti, tra amici, ci si sarebbe certamente potuti confrontare con più o meno sarcastica ironia. Ma per fortuna ci ha pensato Giuntina, intesa come casa editrice, a farci un dono prezioso: il libro Moralità – Ristabilire il bene comune in tempi di divisioni di rav Jonathan Sacks zl. Quattrocento pagine che in pratica rappresentano il testamento spirituale del rabbino Lord, morto 72enne a Londra lo scorso 7 novembre. Inutile ricordare che il rav è stato tra i Maestri contemporanei più amati e seguiti, e che con le sue numerosissime pubblicazioni (venticinque) ha lasciato un segno inalienabile non solamente nell’ebraismo bensì pure nel campo della filosofia morale nonché del rapporto inter-religioso. La libertà è il suo perenne punto di partenza/obiettivo, la condivisione è la strada per voler chiedere “non soltanto ciò che è bene per me, ma ciò che è bene per tutti-noi-assieme”. Parte dai dettami della Torah cercando di rivolgersi a un’audience totale, un po’ come fanno i profeti. Esegesi dei Testi, e confronta ciò che ci circonda: dai social media, alla finanza, dalla Storia alla politica; per dire: dal Talmud a Bob Dylan a Herbert Marcuse e Adorno… Alla ricerca del bene, del bene comune. Non a caso uno dei suoi maggiori contributi, di pochi anni fa, fu “Non nel nome di Dio” (Giuntina).
“Buonista” lo eticherebbe qualche sciocco senza soffermarsi sugli innumerevoli esempi e sulle infinite citazioni profonde di Sacks. Invece egli fu uno strenuo combattente contro le divisioni, tutte. E contro l’immenso pericolo rappresentato dalla decadenza e dalla destabilizzazione della democrazia liberale. Quella decadenza che porta, tra l’altro, al sovranismo, alla Brexit, all’antisemitismo, al razzismo, a una economia che dev’essere reinventata affinché l’interesse ricercato non sia unicamente il profitto ma anche l’impatto sociale. È un nostro compito, dobbiamo farlo noi, uno per uno, e insieme. Ripartendo da quel che orgogliosamente Sacks rivendica all’ebraismo e che invece così spesso viene attribuito alla sola cristianità, ovvero a quanto il Signore disse a Mosè (Levitico 19,18): “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Insiste rav Sacks. “Ama lo straniero. Ascolta il grido di chi altrimenti è inascoltato. Affranca il povero dalla povertà. Abbi a cuore la dignità di ognuno. Fa’ che coloro che hanno più di quanto abbiano necessità condividano le loro benedizioni con coloro che hanno meno. Dai da mangiare agli affamati, dai una casa a chi non ce l’ha e cura i malati nel corpo e nell’anima. Combatti l’ingiustizia, da chiunque sia praticata e contro chiunque sia perpetrata. E fai queste cose poiché, essendo umani, siamo moralmente obbligati da un patto di solidarietà umana, indipendentemente dal colore della pelle o dalla cultura, dal ceto o dal credo religioso”. Amèn.

Stefano Jesurum