Oltremare – Purim, un anno dopo
Fra dieci giorni sarà Purim. Una delle feste ebraiche non solenni, durante le quali normalmente anche i più osservanti si spostano usando mezzi privati e pubblici, e tutti partecipano a feste, banchetti e celebrazioni varie, oltre alle letture della storia di Ester – naturalmente al tempio oppure in centri comunitari. Attività da marcare quest’anno con il bollino rosso “Pre-Covid”, perché oggigiorno sarebbero da evitare ciascuna, e tutte insieme. Il che mi ricorda la tenerezza immensa di una piccola polemica emersa esattamente un anno fa, quando ci si è posti la domanda se sia possibile uscire d’obbligo ascoltando la Megillat Ester online, e non di persona al tempio, visto che pare che ci sia un virus maligno che si giova di spazi chiusi pieni di persone che hanno il pessimo vizio di respirare. Sembrano passati decenni, ma si tratta di dodici mesi fa. Gli italiani d’Israele che erano andati a godersi un sacrosanto ponte di Carnevale sulle piste di sci o a casa della famiglia in Italia, al ritorno hanno dovuto entrare in isolamento – parola all’epoca nuova e aliena. Noi italiani che nemmeno eravamo partiti abbiamo iniziato a notare strane reazioni fra le persone intorno – sedie che venivano spostate di un mezzo metro per allontanarsi da noi durante una riunione, il capo che ci consigliava di lavorare per qualche giorno da casa, così nessuno in ufficio si agita. Cose così. Riflessi automatici di protezione da potenziali untori.
Alla fine la Megillà in Israele la si è sentita ancora al tempio, ben pochi sentendosi un po’ scemi con quelle mascherine bianche ancora con il filtro – averlo saputo subito che erano quasi del tutto inutili – che ci facevano sembrare mascherati da Paperino passato al bianchetto. Andava ancora bene che a Purim chi vuole si maschera, anche gli adulti anche se usa poco, e che nessuno sapeva ancora bene cosa fare, come e quanto proteggersi e contro che cosa esattamente. Solo poche settimane dopo, il primo lockdown ci chiudeva tutti in casa a celebrare Pesach con la sola famiglia nucleare, ma ancora, si pensava che ora dell’estate la vita sarebbe ritornata normale.
Questa vigilia di Purim invece, in Israele, coincide con l’uscita dal terzo lockdown, che è parso a tutti il più lungo ma anche quello preso meno sul serio dagli israeliani, che non ne possono davvero più di scuole, negozi e uffici chiusi, e di lavoro e scuola online. E comincia a delinearsi una nuova possibile realtà fatta di apertura delle porte di centri commerciali, teatri, musei e persino scuole ai cittadini vaccinati e solo a loro. Se è ormai acquisito che Israele è la cavia del mondo per la valutazione del successo della vaccinazione, potrebbe diventarlo anche riguardo alle nuove norme sociali del mondo pandemico in qualche misura vaccinato. Conviene tenerci d’occhio, nei prossimi mesi.