“Esodo dal mondo arabo:
conoscere la storia,
lavorare per il futuro”

La storia degli ebrei del mondo arabo da sempre si scontra con una narrazione il più delle volte impostasi nell’arena pubblica. Una narrazione, di tipo “terzomondista”, che ha derubricato la loro cancellazione pressoché totale nel secolo scorso a conseguenza accessoria del conflitto israelo-palestinese.
Quanto questa lettura sia fuorviante è stato lo psicanalista e docente universitario David Meghnagi a ricordarlo, intervenendo quest’oggi a una conferenza online organizzata dal Centro Studi di Politica Internazionale sul tema “L’esodo degli ebrei dal mondo arabo: tra panarabismo, sionismo e antisemitismo”.
Punto di partenza del confronto che ne è scaturito il libro Libia ebraica. Memoria e identità. Testi e immagini (ed. Salomone Belforte) curato dallo stesso Meghnagi insieme a Jacques e Judith Roumani. Un’occasione per fare chiarezza su alcuni decisivi snodi di questa vicenda ancora poco conosciuta e spesso mal compresa.
Da quella coesistenza andata in frantumi dopo ondate sistematiche di odio e violenza che avevano come unico fine la cancellazione di entità radicate nei rispettivi Paesi da millenni si è poi arrivati ad affrontare l’incoraggiante e dinamico scenario degli ultimi mesi. In particolare la nuova stagione di opportunità su entrambi i fronti che sembra essersi aperta dopo la stipula degli Accordi di Abramo e degli altri trattati andati a buon fine fra Israele e alcuni coraggiosi governi arabi. Una fase che molti analisti hanno definito “storica”. A prendere la parola, moderati dal presidente della Commissione Esteri della Camera Piero Fassino, anche l’ex viceministro degli Esteri Mario Giro, il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, la giornalista e saggista Mirella Serri.
Conoscere e raccontare in modo corretto quel che è avvenuto. E da lì proiettarsi, “avendo cura delle parole e tenendo viva la speranza”, nel futuro. Questa, per Meghnagi, che è anche assessore UCEI alla Cultura, una delle lezioni da trarre. Ben consapevoli dell’ostilità che Israele ancora sconta in alcuni organismi internazionali. Il caso emblematico, citato dallo stesso Meghnagi, è stato quello del recente intervento della Corte penale internazionale dell’Aia.
Un intervento che, a detta di Molinari, “ripropone un arretramento rispetto all’evoluzione politica in corso”. Relativamente alla vicenda degli ebrei di Libia, la riflessione del direttore di Repubblica è stata che “più i Paesi sono diversi, più sono ricchi e stabili”. E quindi che l’implosione della Libia come società nazionale sia iniziata proprio allora: prima con l’espulsione degli ebrei, poi con quella di tutti i cittadini italiani.
Per Giro quello di Meghnagi e dei Roumani è un “bel libro, che parte dolce e finisce amaro”. Un libro inizia con “un lessico familiare, sul modello della Ginzburg, per proseguire con i massacri, i pogrom e la fuga”. A concludersi, con quell’ultimo atto, è la storia di una comunità antichissima la cui presenza nel Paese, è stato ricordato, “è antecedente a quella dei musulmani stessi”.
Riflessioni condivise anche da Fassino, che nel suo saluto d’apertura aveva ricordato il grande movimento in corso tra Israele e parte del mondo arabo. “Uno scenario – la sua osservazione – che resta fluido anche in ragione dell’intenzione manifestata dal neo presidente Usa Joe Biden di voler rilanciare la questione israelo-palestinese”. Il presidente della Commissione Esteri ha inoltre commentato la discussione legata alla Corte penale internazionale, definendo il deferimento d’Israele come “un errore politico, che ripropone una lettura datata” della questione. “È un arretramento rispetto all’evoluzione politica che è in corso, mentre noi abbiamo bisogno di spingere, sollecitare questo processo ad andare avanti”.
Un apprezzamento per la qualità del volume è arrivato anche da Serri, che ha parlato di “storia molto poco conosciuta”. E questo “non per ignoranza e mancanza d’insegnamento, quanto per un’assenza di volontà politica da parte delle potenze occidentali”.

(Nell’immagine Reuters un gruppo di ebrei yemeniti)

(16 febbraio 2021)