Setirot – Servadio
I Levi, i Foà, Ancona, Torino, la musica, Puccini, Toscanini. Due guerre. E il fascismo, l’antifascismo, le Brigate Garibaldi, la discriminazione, le fughe, il peregrinare, la paura, la delazione, la deportazione, gli incontri fortunati, i giusti, la morte, la vendetta. Anche l’amore. Poca passione – in quel lungo scorcio di ‘900 c’era ben poco spazio per la passione dei cuori e dei corpi. Un ebraismo variegato, mille tonalità di osservanza e di fede. Un’unica radicatissima identità. Multipla, profonda, inalienabile identità, ebrei italiani, italiani ebrei. In “Giudei” (Bompiani) Gaia Servadio ci fa entrare, oltre che nel proprio cuore e nella propria testa, in famiglia. La sua. La dedica è una carezza delicata: «A mio padre, a mia madre, ai miei morti».
Qualcuno sosterrà che non è un romanzo strictly kosher, infatti non lo è – e qui sta, a mio avviso, la cifra vincente della storia. È narrazione tutta italiana del “secolo breve” dove gli Ebrei diventano improvvisamente Giudei per poi essere costretti a essere Nessuno, fino al Silenzio che precede la burocratica timida ricomparsa degli Israeliti. Molteplici e differenti i personaggi, diramazioni di due nuclei per nulla simili – i Levi della campagna anconetana e i Foà di Torino – che per matrimonio combinato, come s’usava allora, diventano una sola sfaccettata e contraddittoria famigliona. Intellettuali, amanti dell’arte, innamorati dell’Italia e dell’italiano “quelli di Ancona”, immersi nel loro piccolo facoltoso paradiso in terra marchigiana, ma curiosi dell’altrove. Più tradizionalisti, filosabaudi, chiusi, piccoloborghesi, conservatori “quelli di Torino”. Esseri umani che ambiscono, o ambirebbero, indistintamente a una sepoltura con le benedizioni dei rabbini. E ancora molto altro. Come annota l’autrice: «Questa è la storia di due famiglie e forse anche un po’ la storia dell’Italia (…) È raccontata a volte da chi l’ha vissuta a volte dal narratore, che poi sarei io. Si intromettono varie voci che appartengono ai membri della famiglia, in certi casi sono i pensieri di persone al di fuori della cerchia familiare però mai del racconto». C’è molto ma molto altro che Gaia Servadio vuole fortemente mettere al riparo dall’oblio – credo. In nome, anche, di quella massima attribuita al Talmud secondo cui «chi non è mai stato perseguitato non è ebreo».
Stefano Jesurum
(18 febbraio 2021)