Oltremare – Il menù
della vaccinazione

Ho la sensazione esser stata l’unica in tutta Israele a fare la seconda iniezione del vaccino senza che a nessuno venisse in mente di offrirmi la colazione, il pranzo o la cena, o qualunque altro incentivo personalizzato o meno. A dire il vero, ho ricevuto via sms un messaggio da parte di un negozio di ottica che ai vaccinati offre un montatura del valore di 250 Shekel gratis, e ci sto facendo un pensiero. Ma a parte questo, nessun particolare interesse per la conclusione del mio iter vaccinale. E peccato, perché le regalie alimentari sono state di certo la novità legata alla seconda iniezione un po’ dappertutto. Sono iniziate un giovedì sera a Bnei Berak, dove il tasso di vaccinazione è fra i più bassi in Israele, sotto forma di pacchetto completo con cholent (stufato che si mangia di norma di sabato, cucinato per tutta la notte e a base di carne, fagioli, patate e se siete fortunati altre verdure) e challà. Con l’operazione cholent hanno attratto migliaia di vaccinandi, incuriositi sia dal cibo in regalo che dall’occasione para-sociale che si profilava, e quindi bravi tutti, in attesa di imitatori. E gli imitatori non si son fatti aspettare – il paese è piccolo, la gente vede i telegiornali, e tempo due giorni abbiamo visto spuntare distribuzioni di ampia varietà, tutte però con un denominatore comune: si tratta sempre di cibo particolarmente amato dai cittadini della città o del quartiere che li offre, e si tratta di cibo semplice, non ricercato. Per intenderci, nessuno si è visto offrire un’insalata con la quinoa rossa, germogli di soia e chicchi di melograno, innaffiata da aceto balsamico invecchiato 18 anni e cosparsa di semi di sesamo appena appena abbrustoliti. Anche per motivi di bilancio, immagino, ma soprattutto volendo attirare il maggior numero di cittadini, a Jafo ci si vaccina a colpi di knafeh (un dolce che se non sapete cos’é mi dispiace davvero: ottimo motivo da solo per venire in Israele alla prima occasione) o di hummus; in zone con forte maggioranza russa ci si butta sui blinches; altrove un quarto di pizza o anche solo un cappuccino sono sufficienti a sentirsi coccolati, e quindi felici, all’uscita dopo la puntura sul braccio.
Da ieri però c’è una novità non alimentare ma logistica che potrebbe mandare diretti a vaccinarsi i molti israeliani che si son tenuti indietro fino a questa settimana. Con buona pace del cholent, da ieri chi ha ricevuto il certificato di vaccino può partecipare a concerti e andare a teatro, può banalmente entrare in un centro commerciale, o tornare a faticare nelle palestre e nelle piscine. È legittimo credere che con tale incentivo molti degli indecisi e dei pavidi prendano coraggio. Saranno i numeri a dirlo, come sempre, e sarà il tempo.
Intanto, chi vive fuori da Israele prenda nota: quando finalmente anche in Italia il problema non sarà più iniziarla, la vaccinazione di massa, ma farla continuare con fermento e partecipazione, potrebbero comparire menù di standard gastronomico italiano da leccarsi i baffi.

Daniela Fubini