Sull’islamo-gauchisme
Il magistrato franco-algerino Mohamed Sadoun in un recente libro sul proprio paese d’origine scrive “che la sinistra storica in Algeria si divide tra quella che segue un neo-repubblicanismo securitario e identitario, e quella che invece, per riflesso anti-imperialista, solidarizza con i movimenti antiliberali e antieuropei più o meno xenofobici e antisemiti”. Una sinistra quindi vicina alle istituzioni governative, e un’altra che in opposizione ad esse è diventata un’alleata dei partiti islamisti. Precisa poi che più o meno è ciò che succede anche in Europa.
Il dibattito che si è aperto in Francia sull’islamo-gauchisme dunque, non è soltanto francese ed in realtà non è neppure niente di tanto inedito. Il filo-arabismo o la tolleranza nei confronti dell’Islam radicale da parte di alcune frange della sinistra risalgono agli anni ’70 del secolo scorso, per taluni Hamas o Hizbollah – o persino le forze del presidente Assad o Daesh – non sono mai stati granché dissimili da altri movimenti di liberazione. La Rivoluzione Islamica in Iran fu resa possibile grazie anche ai comunisti che si allearono con i mujaheddin con lo scopo di far cadere lo Shià – che poi i comunisti furono banditi e perseguitati in seguito è un’altra storia – . In altri regimi, del Maghreb soprattutto, la sinistra radicale talvolta solidarizzava con gli islamisti perché entrambi erano vittime della repressione politica. A loro volta questi ultimi riadattavano alcune teorie marxiste specie in ambito sociale ed emulavano i primi per penetrare meglio nelle fasce più povere della società, creando propri sindacati e collettivi universitari. Spesso l’Islam radicale da parte della sinistra è percepito un male minore rispetto al capitalismo, o come un suo effetto collaterale da comprendere quindi, in casi più estremi è un buon candidato per la lotta anti-imperialista. Eppure a differenza del “socialismo islamico”, l’islamo-gauchisme non è un’ideologia ma è piuttosto un fenomeno creato dall’esterno – spesso da forze politiche che detestano sia la sinistra che i musulmani – il quale tende a descrivere l’incontro strategico o la connivenza tra due mondi in origine distinti. Ne deriva un termine polisemico che probabilmente nessuno userebbe per descrivere la propria identità politica. Di più, il rischio è quello di dimenticare che non esiste solo una sinistra retrograda che strizza l’occhio all’Islam radicale, ma anche una sinistra (soprattutto giovanile) che specie nel mondo musulmano contrasta da anni il potere politico dell’Islam e il fanatismo, come in Turchia, in Iran, nel Kurdistan o nel Maghreb. Forse più che coniare termini spettrali per cercare di agglomerare universi complessi e ridividere il mondo in blocchi contrapposti, sarebbe più opportuno concludere che nella nostra contemporaneità i confini tra le parti non sono mai netti e sono sempre vaghi e sfuggenti. In questa crisi identitaria ed ideologica nella quale i punti di riferimento si eclissano, nascono vari “rossobrunismi”, dove idee e pratiche di estrema sinistra ed estrema destra confluiscono rendendo le parti sovente quasi indistinguibili, anche nella stessa ricerca di modelli provenienti da tradizioni conservatrici ed extracontestuali. Più che mai attuale rimane quella celebre frase attribuita ad Antonio Gramsci: “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.”
Francesco Moises Bassano