La pandemia e il linguaggio dell’odio
Un webinar dedicato a studenti universitari per analizzare la pervasività del fenomeno dell’odio online, con particolare attenzione all’antisemitismo, in particolare in questo momento di crisi sanitaria e sociale. È l’iniziativa dell’Università degli studi dell’Insubria in collaborazione, tra gli altri, con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Quattro i relatori dell’incontro: il docente dell’Insubria Antonio Angelucci, che ha parlato de “La piramide dell’odio”; Stefano Pasta di MediaVox, intervenuto sul problema degli haters sul social network Twitter; Giovanni Fasoli dello Iusve, che ha parlato della “topologia della violenza digitale”; e il presidente di Gariwo Gabriele Nissim, che ha riflettuto su “Il ruolo dei Giusti per combattere l’odio”. A portare i propri saluti per l’UCEI, il vicepresidente Giorgio Mortara. “Per contrastare in modo intelligente pregiudizi e stereotipi non è sufficiente rispondere con la logica, ma è necessario proporre un metodo. Questo è l’obiettivo che si è posta l’UCEI per la formazione civica e democratica dei giovani, sfruttando le competenze di coloro che collaborano al dipartimento cultura ed educazione. – ha dichiarato Mortara – “Prevenire il pregiudizio” è il titolo del progetto finalizzato alla presentazione nella scuola forme di confronto e dialogo tra giovani di diverse tradizioni e sensibilità religiose. I saggi proposti, costituiscono una premessa necessaria al fine di una sperimentazione didattica orientata verso la collaborazione e la convivenza tra le persone”.
Di seguito l’intervento integrale del vicepresidente UCEI Giorgio Mortara
Viviamo in una società in cui ognuno, non importa dove si trovi o quale sia la sua professione, può essere un attore della comunicazione globale. I pensieri nel mondo digitale sono veloci, fatti di poche parole e molte immagini, e possono essere resi pubblici in qualsiasi momento. Non sempre però, dietro all’espressione di queste opinioni risiede una reale consapevolezza della potenza delle parole e delle conseguenze che esse possono avere su altre persone, nella società, nella politica, nell’educazione.
Partendo dal presupposto che virtuale è reale – l’online è uno strumento di azione sociale, culturale, economica e di partecipazione politica nella vita del cittadino tanto quanto lo sono le dichiarazioni e i gesti fatti di persona.
Le potenzialità comunicative legate all’uso dei social media sono immense, le nuove generazioni più di tutte possono beneficiare della condivisione di idee, della conversazione e del gusto di stimolare la propria curiosità attraverso un mondo interconnesso che pochi decenni fa non sarebbe stato immaginabile.
Un’accettazione acritica di tutto ciò che si legge in rete però costituisce un forte rischio per lo “spettatore/attore”, sia per l’eventualità di entrare in contatto con informazioni manipolate, inesatte o infondate, sia per la non rara possibilità di subire o assistere a fenomeni di hate speech, ossia momenti in cui il linguaggio viene usato per veicolare messaggi di odio e discriminazione etnica, religiosa, di genere, di orientamento sessuale e così via.
Al fine di favorire la nascita di una educazione civica digitale l’associazione Gariwo la foresta dei giusti, che è rappresentata in questo panel dal presidente e fondatore
Gabriele Nissim, ha sviluppato una carta dei social media che prende spunto dal Curriculum sull’educazione civica digitale emanato a gennaio 2018 dal Ministero dell’Istruzione, che si basa su due concetti: spirito critico e responsabilità. Nella creazione di uno spirito critico tra i giovani fruitori del Web – entra in gioco molto chiaramente il prezioso ruolo della scuola e dell’università e degli enti che si occupano di educazione e cultura sotto diversi punti di vista.
Il loro compito dovrebbe essere quello di diffondere una consapevolezza in materia di diritti umani e una metodologia d’indagine delle fonti che possano fungere da antidoto al “lato oscuro” dei social, fatto di odio, discriminazione, aggressività, razzismo.
Media e Internet combinati insieme generano il fenomeno della “Infodemia” intesa come circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili. Accanto al contenuto, è fondamentale vigilare poi sulla forma con la quale ci si esprime nel Web. Se da una parte è utile mettere a punto sistemi di controllo delle notizie in modo da eliminare i contenuti falsi ed antiscientifici e/o in contrasto con le leggi vigenti, dall’altra è necessario che siano le informazioni corrette ad assumere maggiore rilevanza.
Dobbiamo veicolare gli strumenti per costruirsi una cultura globale inclusiva e del dialogo, attraverso la conoscenza della Storia, lo studio delle culture, la padronanza della propria lingua e delle lingue straniere, il metodo della conversazione rispettosa e positiva.
E’ quindi apprezzabile e meritoria l’iniziativa del corso di laurea in scienza della comunicazione di organizzare questo seminario per studenti.
In quanto medico, mi permetto di fare alcune brevi riflessioni in tema di comunicazione sanitaria in tempi di pandemia come sottolineato dal titolo del seminario.
Nel 2018 l’Oms ha creato delle linee guida che mirano a consegnare agli Stati membri, ai partner e alle parti interessate coinvolte nella preparazione e nella risposta alle emergenze, una guida generale basata su prove e aggiornata su come la comunicazione del rischio dovrebbe essere praticata in caso di emergenza.
Per costruire la fiducia, gli interventi di comunicazione del rischio dovrebbero essere collegati a servizi funzionanti e accessibili, essere trasparenti, tempestivi, di facile comprensione. Le agenzie governative e i partner attuatori devono formare, impiegare e pagare funzionari dedicati ai social media al fine di costruire relazioni con le parti interessate e utilizzare i social media in modo coerente per creare fiducia e credibilità prima, durante e dopo le emergenze. Il rischio non dovrebbe essere spiegato in termini tecnici, ma in maniera semplice ed efficace per consentire alle persone maggiormente esposte di comprendere e adottare comportamenti protettivi.
All’inizio della pandemia l’impreparazione ha fatto sì che in Italia l’informazione della popolazione non fosse un obiettivo specifico di alcun ente, e quindi è accaduto che fosse presa in carico, da persone o enti autorevoli che si sono senti il dovere, e si sono assunti il diritto del compito di informare i cittadini creando in realtà una maggiore incertezza. Al crescere di quest’ultima, si sono moltiplicati gli interventi sulle varie piattaforme. I “facts” sono diventati oggetto di opinione e di schieramento con la creazione di due squadre: influenza o pandemia lockdown si lock down no.
Tornando al linguaggio dell’odio l’Unione delle comunità ebraiche italiane da tempo si è impegnata nell’ambito della formazione con il Miur e altre organizzazioni laiche e religiose per promuovere la lotta contro il razzismo e l’antisemitismo che minano la convivenza civile e che hanno preso nuovo vigore sfruttando i social ed il web.
Colgo l’occasione per far conoscere le più recenti iniziative.
Per contrastare in modo intelligente pregiudizi e stereotipi non è sufficiente rispondere con logica ma è necessario proporre un metodo. Questo è l’obiettivo che si è posta l’UCEI per la formazione civica e democratica dei giovani sfruttando le competenze di coloro che collaborano al dipartimento cultura ed educazione.
“Prevenire il pregiudizio” è il titolo del progetto finalizzato alla presentazione nella scuola forme di confronto e dialogo tra giovani di diverse tradizioni e sensibilità religiose. I saggi proposti, costituiscono una premessa necessaria al fine di una sperimentazione didattica orientata verso la collaborazione e la convivenza tra le persone. Tre saggi in particolare presentano le proposte delle tre confessioni religiose abramitiche, su temi e parole chiave, come quelle indicate nel saggio sulla costituzione italiana, eguaglianza, diversità, parità e rispetto.
Si intende infatti mantenere inalterata la scelta di conservare la” formazione civile” quale compito di un sistema educativo laico e democratico al quale possa essere fornito un legittimo contributo dalle diverse fedi come sottolineano i curatori.
Il materiale è presentato in un volume pubblicato dalla casa editrice Giuntina che ha stampato anche una raccolta di saggi dal titolo “l’ebreo inventato: luoghi comuni, pregiudizi e stereotipi” curato sempre da Saul Meghnagi pedagogista già presidente di IRES e ISF allo scopo di combattere la piaga dell’antisemitismo fenomeno crescente oggi in Italia soprattutto via web e social.
Come reagire e rispondere ad accuse e pregiudizi nei quali ci si imbatte quotidianamente? Non si può rispondere semplicemente il vero al falso il positivo al negativo. Conoscere la cultura e la tradizione ebraica così come la storia è imprescindibile ma è anche necessario avere un metodo: è questo l’obiettivo che si sono prefissi gli autori. Pregiudizi antichi e moderni vengono inquadrati nella loro genesi messi a confronto con la realtà dei contesti e dei testi a cui si riferiscono e fatti esplodere dall’interno del loro stesso punto di vista.
La prof. Milena Santerini nella relazione finale della commissione sul tema ha sottolineato come la deregulation dei social abbia alimentato il bacillo dell’antisemitismo e la lotta a questo fenomeno non sia un problema che riguarda solo gli ebrei, ma sia una questione di democrazia minacciata.
Ringrazio il comitato organizzatore e l’Università dell’Insubria ed in particolare l’amico prof. A. Angelucci per l’invito ed auguro a tutti un buon lavoro e porgo a nome dell’Ucei e mio personale il mio più cordiale shalom.
Giorgio Mortara, vicepresidente UCEI
(1 marzo 2021)