Fuga su Marte
L’adagio popolare dice: “Ba’al hameà hu ba’al hade’à”. Sfruttando l’assonanza fra meà e de’à, dice in pratica che chi ha i soldi decide. In ebraico è un modo di dire così tanto diffuso da far pensare che sia una fonte classica, ma non lo è. Saggezza contemporanea, o a pescar proprio lontano c’è chi sostiene che sia tradotta dall’yiddish.
Ultimamente occorre stare particolarmente attenti a ciò che dice Elon Musk, che sembra avere il potere di far schizzare il valore di qualsiasi cosa tocchi o menzioni… ma non è di soldi che voglio parlare qui quanto di idee. Uno dei “pallini” di Musk, come è noto, è l’arrivo su Marte.
Il sogno di colonizzare un pianeta, che secondo i piani della SpaceX dovrebbe iniziare nel giro di pochi anni, è molto probabilmente espressione di una smisurata ambizione e di un’incontenibile voglia di potere. Ma forse dietro a tutto questo c’è dell’altro: l’illusione di potersene finalmente andare in un mondo incontaminato dove le cose vanno come si deve o “come dico io”. Marte rappresenterebbe insomma l’illusione che l’unica soluzione sia buttar via tutto il vecchio e ricominciare daccapo. Per poi magari ritrovarsi anni dopo a dire: “Non c’è niente di nuovo sotto al Sole”, neanche se visto da Marte.
Ma non è così semplice: non è sempre facile né realmente necessario buttare tutto a mare per ricominciare in meglio, e questo insegnamento è ben presente nel pensiero ebraico. Nell’episodio del vitello d’oro, D-o offrì a Mosè la possibilità di distruggere il popolo ebraico e di ricominciare daccapo, facendo di Mosè stesso un grande popolo, ma un “altro” popolo. Tuttavia come noto, Mosè rifiutò…
La Terra è questa, la vita è questa e non si può ricominciare daccapo. Siamo piuttosto chiamati giorno per giorno “letaqqen olam bemalkhut Shada-i”, a aggiustare/sistemare il Mondo nel regno divino.
Rav Michael Ascoli, rabbino
(2 marzo 2021)