Ticketless – La Resistenza ebraica in Europa

Questa settimana saluto con piacere l’uscita del libro di Daniele Susini La Resistenza ebraica in Europa, appena pubblicato da Donzelli. Un libro a lungo atteso: un lavoro di sintesi che mancava. Si ricava l’impressione che le stesse difformità di solito riscontrate nella storia dei diversi ebraismi europei si ritrovano nelle forme e nei modi della partecipazione ebraica alla lotta di liberazione. Diversi in Francia, in Polonia, in Unione Sovietica, così come diverse sono le storie dell’ebraismo in questi paesi. Le difformità, per l’Italia, sono doppiamente vistose per la semplice ragione che la Resistenza non è comparabile con altre realtà europee: in primo luogo perché nasce tardi, sull’onda di una sconfitta militare; in secondo luogo perché le divisioni politiche da noi, già prima che il fascismo prendesse il potere, erano profonde e non saranno superate durante i mesi della clandestinità (per poi riesplodere in forma acuta nel dopoguerra). In tutta Italia la partecipazione degli ebrei alla lotta partigiana è stata consistente, con una forte adesione sia alle formazioni comuniste sia a quelle di Giustizia e Libertà. Non mancano adesioni alle formazioni degli autonomi e si segnalano storie esemplari di donne ebree cadute nella lotta partigiana (è il caso, assai poco conosciuto, di Rita Rosani, a Verona).
Sulla natura del binomio ebraismo-Resistenza si danno però per scontate troppe cose, non si tiene conto del fatto che si tratta di un’equazione tutt’altro che pacificatrice. Soltanto per citare una questione di non piccolo rilievo, che nemmeno in questo libro affronta (ma non rientrava negli obiettivi che si era posto l’autore: fornire una sintesi esauriente). Diventa ogni giorno più urgente affrontare da un lato il problema della (relativa) lentezza del processo di acquisizione di una consapevolezza politica da parte di una minoranza come quella ebraica, che cinque anni prima dell’8 settembre 1943 era stata privata dei suoi diritti e dunque era stata posta, dalla lezione delle cose, nella condizione di dare inizio a un processo di maturazione politica che invece fu lento, spesso non rettilineo anche nelle generazioni più giovani; d’altro lato andrà prima o poi analizzato il problema del rapporto fra i partigiani (quale che fosse il loro orientamento) e le leggi razziali del 1938: si ha l’impressione che il dramma dell’antisemitismo sia stato un dramma sottovalutato anche da personalità illustri del movimento partigiano, personalità che d’altra parte fino a tutto il 1942 avevano elogiato la potenza dell’Asse e creduto nell’invincibilità del Reich: altre colpe del regime apparivano più gravi, ed erano denunciate. Che giudizio veniva dato elle politiche razziali del duce?
Scarseggiano le fonti, ma si ha la sensazione che il razzismo del 1938 fosse per molti una realtà sconosciuta, impronunciabile, su cui era meglio sorvolare. Si ha l’impressione di una certa sottovalutazione. In certe realtà dove la Resistenza sorse in modo particolarmente disordinato e caotico si diedero anche esempi di vessazioni contro famiglie, donne e anziani, che avevano trovato asilo nelle stesse baite dove si formavano le prime bande partigiane. La sventurata storia delle prime settimane autunnali in Valle d’Ayas a Brusson, dove la formazione partigiana di GL cui aveva aderito Primo Levi ebbe a scontrarsi con altre formazioni prive di scrupoli, ha svelato zone d’ombra che rivelano l’importanza, direi l’urgenza, di una ricostruzione meno frettolosa e semplicistica di quelle che si sono lette finora.
Come nel caso dell’antifascismo, alla Resistenza gli ebrei arrivano in conseguenza di un’indignazione politica derivante dal trauma delle leggi razziali, che solo in un secondo momento, a Resistenza iniziata, rimette in discussione la loro ebraicità. E comunque si tratta sempre di percorsi anomali, poco ortodossi come quello, davvero esemplare, di Emanuele Artom. Il libro di Susini si presenta come uno strumento di lavoro esemplare, che colma una lacuna su un tema che negli ultimi anni ha perso la centralità che merita. Una lettura vivamente consigliabile nel mondo della scuola.

Alberto Cavaglion