Spuntino – Senza inciampo
La parashà di Ki Tissà esordisce con un passaggio palesemente attuale: “Non ci sarà tra di loro una piaga” (Es. 30:12). In ebraico “neghef” (=piaga) ha la stessa radice di “neghif” (=virus). Questa condizione è collegata al censimento che va fatto contando il mezzo siclo versato da ciascun adulto di almeno vent’anni compiuti. Naturalmente i fondi raccolti vengono destinati alla tzedakà, per aiutare chi ha bisogno. In proposito nei Proverbi (10:2) c’è scritto che “la tzedakà salverà dalla morte.” Ma torniamo al censimento. È vietato contare i membri di una comunità se non con degli accorgimenti. Specificamente bisogna collegare i partecipanti all’esercizio di un precetto. Ad esempio: il consumo di azzime a Pesach, la prenotazione dei lulavim a Sukkot, il numero di posti a sedere in sinagoga. Questo metodo può certamente sembrare esclusivo. Per scegliere un precetto senz’altro più inclusivo si potrebbero contare le sepolture ovvero le tombe, che D-o ce ne scampi! Dunque, il mezzo siclo usato per la conta è collegato al precetto di dare in tzedakà. La parola ונתנו (ve-natnù = daranno) che appare in questo contesto è un palindromo (vav-nun-tav-nun-vav). Infatti quello che doniamo (almeno la decima parte ma non più del 20% del guadagno) ci viene restituito dall’Alto. Non a caso le parole ‘decima’ (ma’aser) e ‘ricchezza’ (‘osher) condividono la medesima radice (‘ayin-shin-resh). Rav Soloveitchik osserva che quando Mosè emetteva un’ordinanza, il popolo si precipitava ad ascoltarlo correndo il rischio di inciampare. Basandosi su un altro significato della parola “neghef” (= inciampo) il Rav interpreta scherzosamente il versetto da cui siamo partiti: quando c’è da pagare, le persone non si affrettano, anzi, se la prendono comoda. Così il Rav spiega perchè “non ci sarà tra di loro un inciampo.” Rashì commenta che D-o illustrò a Mosè la mitzvà della tzedakà mostrandogli una “moneta di fuoco” (Es. 30,13). Dobbiamo cercare di combattere il nostro istinto maligno (paragonato al fuoco) catapultandoci a prestare il nostro aiuto (anche in moneta) soprattutto in momenti in cui si lotta per la sopravvivenza contro un qualsivoglia “neghef.” Il senso di urgenza è indicato anche dalla doppia accentazione “azlà gherish” (= vai e butta fuori, in aramaico), il segno del canto associato alla parola וְנָ֨תְנ֜וּ che graficamente ricorda la traiettoria di una catapulta.
Shabbat shalom.
Raphael Barki
(4 marzo 2021)