“Israele, l’emergenza Covid non frena il cinema di qualità”
Uno dei primi film di grande successo finanziati dall’Israel Film Fund (IFF), il fondo israeliano per il cinema, è stato Avanti Popolo. Scritta e diretta nel 1986 da Rafi Bukai, la pellicola è legata alla Guerra dei sei giorni ed è considerata un capolavoro del cinema israeliano. È una satira ironica e brillante sull’assurdità della guerra. Ed è anche il primo film israeliano ad avere come protagonista uno, o meglio due, arabi. Sono passati gli anni, ma la sua importanza non è diminuita e anche per questo l’Israel Film Fund lo ha scelto tra i film da proiettare online per intrattenere gli israeliani chiusi in casa nel lockdown. Come racconta a Pagine Ebraiche il direttore esecutivo dell’IFF Lisa Shiloach-Uzrad, l’ente, durante la prima chiusura del paese per la pandemia, ha lanciato il progetto Yotzim LaSalon (Usciamo nel salotto): oltre a proiettare un film del suo immenso catalogo, ha organizzato a seguire incontri con i registi e attori delle pellicole, aprendo uno spazio di approfondimento sul cinema israeliano molto apprezzato, con interazioni anche sui social network. E tra i primi film, racconta Shiloach-Uzrad, c’è stato proprio Avanti Popolo. Un esempio, peraltro, della filosofia dell’Istituto: dare ampio spazio alla creatività di registi e sceneggiatori israeliani per fare in modo di costruire nel paese un cinema di qualità e originale. “I film prodotti con il sostegno del fondo – spiega Shiloach-Uzrad, tra le protagoniste di #SheTechBreakfast!, serie di incontri su Instagram organizzata dall’ambasciata d’Israele in Italia – hanno portato sin dal 1979 sullo schermo personaggi e temi che raramente erano stati presentati prima: le difficoltà di assimilazione in una società di immigrati; le complesse relazioni tra ebrei e arabi; l’impatto della Shoah; le culture religiose contro quelle secolari; il servizio nell’esercito israeliano”. A dare fondi all’Israel Film Fund è il ministero della Cultura e dello Sport e la Israel Film Commission. “Il nostro budget è di circa 5-6 milioni di euro all’anno e operiamo attraverso bandi. I registi e i produttori israeliani presentano le loro sceneggiature per la realizzazione o lo sviluppo del film. E c’è poi una selezione approfondita delle proposte. Ne arrivano circa quattrocento-cinquecento all’anno. È tanto se si pensa che siamo un paese così piccolo”. I film che ottengono di essere finanziati sono tra i 12 e i 15 all’anno, a cui si aggiungono 25 sceneggiature. Prima di arrivare a questo risultato, la scrematura è stata lunga con le proposte che hanno passato il vaglio di esperti del settore, che leggono e giudicano. Il 20% arriva poi sul tavolo di Shiloach-Uzrad e dei suoi collaboratori. Si procede a una presentazione più approfondita del progetto e i più convincenti ottengono l’importante sostegno del fondo. “Cerchiamo davvero di assicurarci di sostenere una gamma molto diversificata di film, registi e argomenti. Ed è importante per noi dare voce ad artisti che siano diversi tra loro. Così abbiamo registi emergenti e abbiamo quelli affermati. E siamo molto consapevoli della necessità di avere una rappresentazione delle realtà di minoranza, così come di sostenere la parità di genere”.
Il lavoro dell’IFF è proseguito anche durante la pandemia. “È stata l’occasione per molti per mettere a punto le proprie idee, raffinarle, ripulire le sceneggiature. Nonostante l’emergenza, il sistema cinematografico non si è fermato del tutto. Certo l’incognita per noi come per tutto il mondo rimane il destino dei cinema, ma io sono fiduciosa e credo che le persone avranno voglia di socialità. Di tornare a guardare un film insieme. Le faccio un esempio: mi è stato riferito che il Jerusalem Cinematheque ha iniziato a vendere a febbraio i biglietti per marzo. In poco tempo sono andati sold out”. Il tutto è possibile grazie alla formidabile campagna vaccinale nel paese che ha permesso anche alla cultura di vedere i suoi spazi riaperti. “Penso che gli israeliani in generale siano un po’ come gli italiani. Sanno cos’è il divertimento. E il cinema – dice Shiloach-Uzrad – ne fa parte”.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche Marzo 2021