Italia, ospedali in emergenza

Preoccupa le autorità il continuo aumento dei contagi in tutto il paese. L’ultimo bollettino registra 23.641 nuovi contagi da Covid-19 e 307 morti. E per questo il governo studia nuove regole per rafforzare le restrizioni. “Il rischio più evidente – scrive il Corriere – riguarda i possibili assembramenti tra giovani nelle aree dove le scuole sono chiuse. Per questo la linea degli scienziati è impedire gli accessi ai possibili luoghi di ritrovo (compresi i centri commerciali che nei giorni feriali sono aperti per consentire l’accesso ai negozi) e limitare gli spostamenti delle persone”. Intanto emblematico il titolo in prima di Repubblica: “Ospedali, torna l’assedio”, racconto di un sistema sanitario di nuovo sotto forte pressione. “Undici regioni già in emergenza”, scrive il quotidiano con le strutture ospedaliere a riorganizzarsi: “attività ordinarie di nuovo sospese, posti letto riconvertiti per curare il Covid. Riprendono i trasferimenti dei pazienti fra gli ospedali”.

Sicurezza sanitaria. “Se Israele è riuscita in meno di due mesi a vaccinare 92 cittadini su 100 – record assoluto – è perché il Paese ha reagito al virus come ad un attacco nemico ovvero applicando la dottrina strategica che prevede di concentrare ogni risorsa – umana, economica e militare – nel minor tempo possibile contro il maggior pericolo”, scrive il direttore di Repubblica Maurizio Molinari. Un approccio simile hanno adottato Gran Bretagna e Stati Uniti, aggiunge Molinari, e ora anche il Presidente del Consiglio Mario Draghi per l’Italia. A riguardo, sul Corriere, il virologo Burioni si rivolge al generale Figliuolo, nuovo commissario per il Covid, chiedendo una gestione centralizzata del piano vaccinazioni e di usare ogni mezzo disponibile per portarlo avanti. “Per riportare i soldati in Inghilterra, il premier britannico Churchill non distinse tra navi militari, barche pubbliche e private. Chiese aiuto a tutti”. E così, per Burioni, deve fare il generale Figliuolo.

Nella terra di Abramo. Molto spazio sui giornali (le cronache su Repubblica, Corriere e Stampa) anche alla visita in Iraq di Bergoglio e in particolare all’incontro con l’ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani, punto di riferimento dell’Islam sciita e alternativa al khomeinismo. Il messaggio dall’incontro è “basta guerre e persecuzioni religiose”. Per il politologo francese Gilles Kepel, intervistato dal Corriere, si tratta di un passaggio importante con il gesto di Al-Sistani che potrebbe avere conseguenze tra i sciiti iraniani. “Adesso a lui si richiamano quelle correnti a Teheran che vorrebbero afferrare la mano tesa dal neopresidente americano Biden per la ripresa del negoziato sul nucleare. – afferma Kepel – Va ricordato che il recente ‘patto di Abramo’ tra Emirati, Bahrein, Israele e Stati Uniti rivoluziona il Medio Oriente. L’Iran ha una terribile necessità di rientrare in gioco e le correnti di pensiero legate a Sistani favoriscono l’approccio moderato”.

Nella terra di Abramo, senza ebrei. Alla preghiera interreligiosa di Ur, con protagonisti Bergoglio e Al-Sistani, era molto evidente un’assenza: nessun rappresentante del mondo ebraico era presente. “Un paradosso amaro, indicativo della situazione in Medio Oriente”, scrive Gian Guido Vecchi sul Corriere. “Il problema è che purtroppo gli ebrei dall’Iraq sono spariti. Ma al di là del fatto contingente, bisogna anche dire che nella regione Israele si erge a unica voce degli ebrei”, evidenzia il politologo Olivier Roy, intervistato da La Stampa. “Spariti” perché, come ricorda il quotidiano torinese in un altro approfondimento, perseguitati: “Ancora nel 1947 c’erano 150 mila ebrei, il 3 per cento degli abitanti, con una comunità florida soprattutto a Baghdad. Ma le guerre arabo-israeliane hanno creato un clima di ostilità tale da farli fuggire tutti. Oggi si pensa che ci siano ancora fra i 4 e gli 8 ebrei nella capitale”. Rispetto alle persecuzioni, il Corriere tratteggia invece il quadro dei luoghi in cui – l’Iraq, ad esempio – i cristiani sono stati colpiti.

L’esempio dei Giusti. Aiutare gli altri e difendere la verità sono “una delle più alte aspirazioni che possiamo avere collettivamente, ma rappresentano anche un bisogno urgente, in un momento in cui curare le ferite del nostro mondo sofferente è diventato più critico che mai”. Così Alice Wairimu Nderitu, consigliere speciale dell’Onu per la prevenzione dei genocidi, in un messaggio per la Giornata dei Giusti, che si è celebrata ieri (Corriere).

Roma, i palazzi raccontano. Una mattonella realizzata dall’artista Dante Mortet, con un dispositivo QR, racconta le storie delle persone che salvarono famiglie ebraiche e antifascisti durante l’occupazione nazista. È il progetto avviato a Roma, con la prima mattonella “incastonata in viale Giotto 24, a San Saba, ieri in occasione della Giornata Europea dei Giusti. Qui, nell’ottobre’43, Bruno Fantera e sua madre nascosero e salvarono la famiglia ebrea di Gino Moscati, guardiano alla Sinagoga, in fuga dopo il rastrellamento del Ghetto”, racconta Repubblica Roma. L’opera con dispositivo QR, spiega il quotidiano, verrà apposta sui muri dei palazzi dove vennero ospitati ebrei, partigiani, perseguitati politici braccati dai nazifascisti. Selezionando con lo smartphone, si potrà ascoltarne le storie, narrate dall’attore Elio Germano.

Il Maestro Oren a Bologna. Il direttore d’orchestra israeliano Daniel Oren protagonista nelle prossime ore al Comunale di Bologna, inaugurando un nuovo ciclo di concerti sinfonici che saranno proposti in streaming. Intervistato dal Resto del Carlino, Oren parla della sua religiosità: “lo sono di fede ebraica, e fedele ai precetti nei limiti che la mia professione in giro per il mondo consente. Quando posso, vado in sinagoga e mi piace pregare insieme agli altri; ma le preghiere più sentite le ho innalzate a Dio attraverso la musica, che è riflessione e lode insieme”.

Segnalibro. Sul Giornale si parla del volume dell’attore e presentatore inglese David Baddiel, Jews don’t count (Harper Collins) “in cui affronta un tema quasi tabù, nel Regno Unito ma non solo: l’antisemitismo, sempre più diffuso ma spesso tenuto nascosto (quando non sostenuto) da chi, per mestiere, ideologicamente difende le minoranze in quanto tali”. Sul Manifesto invece si riflette sul volume che raccoglie il carteggio tra Stefan Zweig e Hans Rosenkranz in cui il tema dell’ebraismo è centrale: Lettere a Hans Rosenkrantz-Briefe an Hans Rosenkrantz, edito da Giuntina. “Già dalle prime righe che indirizza da Salisburgo al giovane Rosenkranz, Zweig coglie l’occasione per riaffermare la sua posizione, rispetto alla questione ebraica e allo spinoso problema delle nazionalità, dibattuto in quegli anni più che mai. Essere ebrei è un destino e occorre rimanere dentro questa sorte, per quanto irta di contraddizioni e problematica: a nulla valgono la ricerca di una via d’uscita, le impacciate professioni di dimenticanza o, peggio, di odio di sé; ancora meno utile, d’altro canto, l’espressione di orgoglio nazionale peri numerosi primati che l’ebraismo può vantare in Europa”.

Daniel Reichel