La presidente dell’Alta Corte d’Israele
“La giustizia sia al servizio delle donne”

Una insegnante d’asilo che, licenziata ingiustamente, ha ottenuto il risarcimento facendo ricorso in tribunale. Un datore di lavoro costretto a pagare contributi mai versati a una sua dipendente, ignara dei suoi diritti. Una giovane che ha potuto cambiare vita grazie all’aiuto di un giudice. Sono i casi raccontati dalla presidente dell’Alta Corte d’Israele Esther Hayut in un intervento dedicato alla Giornata Internazionale della Donna. In omaggio a questo appuntamento, la Hayut ha scelto di mettere in evidenza il ruolo che la giustizia, in particolare del lavoro, può avere nella tutela delle donne. “Non sono storie che necessariamente fanno notizia, ma hanno cambiato la vita delle donne coraggiose che hanno deciso di non sopportare l’ingiustizia, e di combatterla. Queste donne – scrive Hayut – si sono rivolte al tribunale per chiedere aiuto, aprendo non solo la propria strada verso una realtà nuova e più equa, ma anche quella di molte altre donne che hanno avuto esperienze simili”.
Il primo esempio portato dalla Hayut è quello di Simcha, insegnante che ha lavorato a lungo nella rete di asili haredi Agudat Israel. A 50 anni Simcha e alcune sue colleghe, madri di famiglie numerose e in alcuni casi le uniche ad avere un reddito, erano state licenziate. Il motivo, vista la loro anzianità di servizio costavano troppo al datore di lavoro. “Simcha e le sue amiche hanno scelto di combattere. Hanno fondato un’associazione per maestre d’asilo haredi e hanno presentato una petizione al tribunale del lavoro, che ha stabilito che i loro licenziamenti erano discriminatori in base all’età e che dovevano essere reintegrate con una paga uguale a quella delle insegnanti che lavorano nel sistema statale”.
Un altro caso citato dalla presidente della Corte suprema d’Israele è quello di una donna beduina divorziata dal marito, Salame, cha ha ottenuto che le fossero riconosciuti 22 anni di contributi, grazie all’impegno della figlia.
E ancora. Il caso di Naomi, giovane madre, risarcita perché discriminata durante il colloquio di lavoro: “il datore presumeva che come donna che conduce uno stile di vita religioso, Naomi non sarebbe stata in grado di soddisfare i requisiti del lavoro”.
C’è poi una situazione delicata di violenza in cui la giustizia è diventata un vero risarcimento. Una donna che aveva lasciato il marito violento si era vista respingere la domanda per una pensione di reversibilità vedovile, presentata dopo la scomparsa dell’uomo. “Ha presentato una petizione al Tribunale del Lavoro, che si è pronunciato con una sentenza innovativa secondo cui il diritto alla pensione non dovrebbe essere negato a una donna che ha lasciato la casa coniugale a causa del comportamento violento del coniuge. Così facendo, la corte ha espresso il suo sostegno alla politica giudiziaria che cerca di incoraggiare le donne che subiscono violenza a non venire a patti con la loro situazione, e di fornire loro una rete di sicurezza e un sostegno finanziario”.
Infine, Hayut riporta la testimonianza di una collega, la giudice in pensione Galit Wygodzki Mor, ex presidente del tribunale dei minori. “Mi ha raccontato di una ragazza haredi che aveva scelto una strada diversa nella vita, decidendo di lasciare la casa dei genitori. I suoi, preoccupati, temevano che la ragazza si sarebbe messa in pericolo e avevano chiesto al tribunale dei minori di riconoscere la ragazza come minore a rischio e di considerare il suo trasferimento in una residenza per ricevere una diagnosi. La giudice ha ascoltato i genitori, l’assistente sociale e la famiglia che ospitava la ragazza, e alla fine ha chiesto di ascoltare la ragazza. La sua voce. Si è trovata di fronte ad una giovane intelligente, seria e persuasiva che voleva trovare la propria strada nel mondo e prendere in mano il percorso della propria vita”. Davanti al tribunale, la ragazza ha spiegato i propri sogni e le proprie speranze. Una testimonianza che gradualmente ha portato a un riavvicinamento con i genitori e a una comprensione delle sue scelte. “La giudice non avrebbe mai immaginato che un decennio dopo aver detto alla ragazza durante l’udienza: “Mi chiedo dove sarai tra dieci anni”, avrebbe ricevuto una telefonata da una studentessa di medicina che voleva ringraziarla per la fiducia che aveva riposto in lei così tanto tempo prima”.

dr