Segnalibro – Alberto e la scelta del ’67

“Ha realizzato opere scultoree e pittoriche e gioielli in oro ed argento. Ha scritto e pubblicato poesie, racconti, testi di canzoni, articoli per giornali e riviste. Ha creato format televisivi. Ha sempre portato con sé l’ironia toscana trasmettendo l’arte di ridere e di soffrire, di riuscire a lasciare fuori molte cose inutili per non venirne schiacciati. Ha insegnato a gioire e ad amare persone, cose, paesi. Ha contagiato l’odio per la noia”. 
È il ritratto che Alan David Baumann fa del padre Alberto nel libro La guerra dei sei giorni non terminò con mio padre, appena pubblicato dall’editore Città del sole con un’introduzione della scrittrice Lia Levi. Il racconto di un uomo poliedrico e capace di grandi guizzi, qui ripercorso, oltre che con testimonianze scritte di proprio pugno, nel segno del legame affettivo costruito con Eva Fischer, la grande artista e pittrice mattatrice di un’epoca indimenticabile.
Commuove tra le altre la foto di loro due che, appena unitisi in matrimonio in Campidoglio, stretti in un abbraccio su due ruote si apprestano a dare avvio a una originale “biciclettata” per le strade di Roma. Un evento seguito con grande attenzione dai media del tempo.
Il libro ruota attorno a uno dei momenti spartiacque nella vita di Alberto, scomparso nel 2014 all’età di 81 anni: la Guerra dei sei giorni, cui partecipò volontario con il beneplacito della moglie, nonostante la responsabilità di un figlio piccolo. Una scelta che, spiega Alan David, ha avuto per lui molteplici significati: tra gli altri, dopo le sofferenze patite in gioventù per gli effetti della persecuzione nazifascista, quello di battersi da adulto “consapevole di quel che stava accadendo”.
Fu anche l’inizio di una stagione di impegno giornalistico nel giornale comunitario Shalom, nato proprio sull’onda di quel conflitto. Baumann ne sarebbe stato una delle colonne, contribuendo con vari articoli e interventi. Nel libro si riportano alcuni dei suoi “vagabondaggi”, dedicati alla realtà di Israele ma anche ad altri temi d’attualità. Una penna vivace, la sua, sempre pronta a battersi contro odio e ingiustizie. 
Bastano queste righe, scritte nel giugno del ’68, a renderci la sensibilità e l’anima profonda di Baumann: “L’estate non viene. Mentre scrivo piove a scroscio e, come se ciò non bastasse, sono costretto a disegnare un fiore coi petali dipinti a lutto. Hanno sparato a Bob Kennedy a così breve distanza dal Reverendo King, ed ecco per l’ennesima volta un senso di ripulsa, di ribellione s’agita dentro e vorrei gridare se ciò servisse a qualcosa”. 

(10 marzo 2021)