Nel mare delle mail

Per me la principale fonte di stress dovuta alla didattica a distanza è data dal numero spropositato di messaggi e mail che bisogna scambiarsi per qualunque cosa: dall’organizzazione di attività interdisciplinari all’assegnazione e correzione di compiti, dalle trattative sulle date di verifiche e interrogazioni alle comunicazioni sugli scioperi, è tutto un continuo scrivere e leggere in un’infinità di occasioni in cui se si fosse a scuola basterebbe una semplice battuta (tipo “domani ti interrogo”, “giovedì facciamo letteratura”), o consegnare a qualcuno un foglio di carta. Può capitare che restituire un compito corretto (cioè mandare 20-30 mail personalizzate) richieda più tempo che correggerlo.
Credo che fuori dal mondo della scuola siano in pochi a percepire il problema, tant’è che oltre a tutto il resto siamo sommersi continuamente da un flusso ininterrotto di proposte di ogni genere di eventi, conferenze, spettacoli, seminari provenienti da ogni parte d’Italia (dato che la distanza ha annullato le distanze, tutto può essere proposto a tutti senza alcun vincolo).
Se poi c’è qualcuno che abusa dell’opzione “rispondi a tutti” non c’è proprio più scampo.
Mai come in questo periodo è benvenuto lo Shabbat con il suo diritto alla disconnessione (diritto, s’intende, che mi prendo io, non che qualcuno me lo garantisca), anche se poi al sabato sera troveremo le consuete decine di mail pronte ad aspettarci.
O forse il problema riguarda tutti e non solo il mondo della scuola. Certamente in ambito ebraico le mail che girano non sono poche, e anche in questo caso può essere un guaio ignorarle (a proposito, mi viene in mente che devo inviare il foglio con la prenotazione dei prodotti kasher le-Pesach). Tra poco più di due settimane usciremo dall’Egitto; chissà quando riusciremo venir fuori dal mare della mail?

Anna Segre