Intenzionalità, reciprocità
e trascendenza
nel processo formativo
Esiste un modo per salvare il sistema scolastico italiano. Immergersi per intero nel lavoro che si fa con gli studenti, nello hic et nunc dell’ora di lezione, non aspettandosi che da altri vengano le soluzioni. Potrà sembrare “romantico”, ma se la scuola italiana, nonostante i ritardi legislativi e riforme che non terminano mai, è riuscita a stare in piedi contribuendo soprattutto nei primi anni a fornire un livello di formazione inviabile, tutto ciò è dovuto perché ci sono decine di migliaia di docenti e dirigenti scolastici che nel qui ed ora, tengono in piedi l’intero sistema. Vale per le scuole ma anche per le università dove tanti docenti contribuiscono a mantenere vivo negli studenti il desiderio di apprendere e di conoscere. Potrà sembrare “romantico”, ma in tanti anni di insegnamento, mi sono reso conto che se il sistema ha tenuto è grazie a questo lavoro silenzioso, che ha la sua unica “retribuzione” nella soddisfazione interiore che scaturisce dalla reciprocità che si instaura fra docenti e studenti nel lavoro quotidiano della didattica e della ricerca. L’intenzionalità è un atto che mette al primo posto la ricerca della reciprocità. Un approccio che ha come sfondo una costante auto interrogazione, l’osservazione e l’attenzione ai minimi cambiamenti che possono manifestarsi all’interno del processo formativo. Un’attenzione che sia capace, nella rivisitazione di una situazione di assumere per dirla con Freud un atteggiamento fluttuante. L’instaurazione della reciprocità segna un passaggio fondamentale, senza il quale il processo formativo è destinato a fallire. Un professore può parlare per ore, ma se non ha ottenuto la reciprocità, il suo è un lavoro che rischia di andare largamente perduto. Magari qualche studente seguirà la lezione, ed è un bene. Ma il successo vero per chi insegna è dato dalla capacità di coinvolgere il gruppo classe come tale. Intenzionalità e reciprocità, come spesso ripeteva Reuven Feuerstein, un amico caro che ci ha lasciati alcuni anni fa, sono la condizione perché nel processo di mediazione si realizzi la trascendenza: ossia la capacità di estendere ciò che si è appreso in una determinata situazione ad altre.
David Meghnagi
(16 marzo 2021)