Spuntino – Modestamente

Il terzo libro della Torah, che iniziamo a leggere questa settimana, comincia con la parola da cui prende il nome (insieme alla parashà) VaYikrà (= e chiamò) scritta con la lettera alef “ze’yirà,” cioè piccola, come se si potesse ignorare ottenendo così la parola VaYikar (=e accadde per caso). Mosè, umile per eccellenza, voleva sminuire il fatto che l’Onnipotente lo stava chiamando (casualmente, appunto) approfittando del fatto che, tanto, nessuno se n’era accorto. A riprova di ciò, lo stesso termine compare in un’altra circostanza (Es. 19:29) con la alef normale, perché in quell’occasione tutti i figli di Israele, riuniti ai piedi del Monte Sinai, avevano sentito la convocazione rivolta a Mosè. L’espressione VaYikar compare più avanti a proposito di Bil’am il malvagio (Num. 23:4) quindi (secondo il commento del Rosh – Rabbi Ashèr Ben Yechiyel) la scelta del verbo VaYikrà elimina l’eventualità di un parallelo tra Mosè e Bil’am. L’umiltà è l’unica virtù di cui il titolare non può avere consapevolezza perchè la sua autocognizione è una forma evidente di orgoglio. Insomma, chi dice “modestamente” riferendosi a sé stesso è un probabile immodesto. Nello stesso versetto di apertura della parashà troviamo altri due verbi, “vayidabber” (= e parlò) e “lemor” (= dicendo). Nel versetto successivo ritornano queste stesse radici nelle due parole “dabbèr” (= parla) e “veamartà” (= e dirai), con apparente ridondanza. L’insegnamento da cogliere è che quando qualcuno ci dice qualcosa non dobbiamo sentirci autorizzati a riferirlo ad altri senza un suo esplicito mandato. La circostanza del richiamo (VaYikrà) prima della parola divina rivolta a Mosè (vayidabber) vuole enfatizzare che il Profeta era “solo” un canale. Un canale puro che trasferisce senza trattenere né alterare una sola goccia del flusso trasmesso. Si tratta di una situazione diametralmente opposta allo stato di estasi che nasce dall’intimo di un chiromante che cerca di spacciare messaggi unicamente suoi, magari etichettandoli come se fossero di ispirazione divina.

Raphael Barki