“Antisemitismo e complottismo:
due facce della stessa medaglia”
“Guardando soprattutto ai social network, il tema del complottismo, in particolare del potere economico degli ebrei, è riemerso in modo significativo e si è agganciato al tema del Covid. Nell’emergenza, si sono ripresentati stereotipi antichi: un po’ come nella peste del Trecento e Quattrocento, ritorna la menzogna degli ebrei che diffondono il virus per poterci guadagnare”.
È uno dei punti sollevati negli scorsi giorni da Betti Guetta, responsabile dell’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Cdec, nel presentare l’ultima relazione annuale sullo stato delle cose in Italia. Un tema che suscita allarme ed è stato affrontato da punti di vista differenti ma complementari nell’ambito di una tavola rotonda online promossa dall’Istituto piemontese per la Storia della Resistenza.
Ospiti del confronto, moderato dal direttore dell’Istituto Luciano Boccalatte e intitolato “L’antisemitismo ritorna: cosa fare?”, il direttore del quotidiano La Stampa Massimo Giannini, il giurista Paolo Borgna, i docenti universitari Milena Santerini e Fabio Levi.
“È un tema che ho sempre avuto a cuore, perché credo sia la cifra del tempo che viviamo. E la conferma, purtroppo drammatica, di quanto strada abbiamo ancora da fare sulla via del civismo e della convivenza umana”, ha esordito Giannini. Un caso su tutti risulta emblematico: quello della Consigliera comunale torinese, esponente del Movimento Cinquestelle, che appena poche settimane fa ha condiviso sul proprio profilo social della sconcertante paccottiglia antisemita (immediata è arrivata la reazione della Comunità ebraica, che l’ha denunciata). Per Giannini, “un episodio di gravità estrema che è il risultato di una subcultura fortemente presente nel nostro discorso pubblico”. Un problema che, ha poi aggiunto il direttore della Stampa, “non è solo italiano, ma fortemente europeo oltre che statunitense”. Tra i temi oggetto della sua riflessione la difficoltà che ancora esiste oggi in Italia di fare i conti con il passato fascista: “Il passato – ha affermato Giannini – ce lo potremo mettere alle spalle solo quando lo avremo risolto, stabilendo in modo chiaro dove stavano i torti e le ragioni”. Nell’adempiere a questo compito, la sua valutazione, molto spesso gli organi di informazione sono stati carenti. E sarebbero quindi chiamati “a farsi un bell’esame di coscienza, fissando un chiaro e netto ‘non ci sto’ come principio”.
Giuridica ma non solo la prospettiva di Borgna, autorevole figura della magistratura subalpina. “Ci sono molti livelli e strumenti con i quali è possibile combattere l’antisemitismo. Anche quello della repressione penale. Ma non affiderei a questo una particolare speranza. La vera e decisiva battaglia la si vince sempre a livello di conoscenza. Senza quella – il suo pensiero – tutte le altre sono perse”. Secondo Borgna, il rifiuto dell’antisemitismo un tempo era più radicato di oggi: “Ce lo avevano insegnato i nostri maestri. L’idea stessa che potesse esistere un sentimento del genere era inconcepibile”. E questo, ha aggiunto, “nonostante alcune sentenze aberranti scritte dalla Cassazione, prodotte da magistrati che erano stati giovani durante il fascismo”. Borgna, parlando dell’impegno necessario per contrastare l’odio, anche sul piano educativo, è dell’idea “che non bisogna mai minimizzare, mai fargliene passare una”. Fondamentale quindi reagire con forza “davanti a ogni menzogna, reticenza, sopruso, ignoranza”.
“Il tema che oggi affrontiamo è una spia del malessere sociale. Per contrastarlo serve un lavoro a tutti i livelli” ha sottolineato la professoressa Santerini, dal gennaio dello scorso anno coordinatrice italiana contro l’antisemitismo. Nella strategia nazionale da poco inviata a Palazzo Chigi si parla anche della minaccia complottista, sempre più inquietante. Da non sottovalutare, il suo allarme, l’impatto che una forza come QAnon, già al centro dell’ultima campagna elettorale americana, starebbe avendo in Italia. “Gruppi del genere – ha evidenziato Santerini – usano gli stessi strumenti ‘culturali’ dell’antisemitismo. In particolare l’idea che ci sia un gruppo dominatore, al pari di chi evocava o ancora evoca i Savi di Sion”. L’Italia si starebbe rivelando un terreno fertile per la proliferazione di simili teorie: “La regressione culturale in atto – l’opinione di Santerini – fa sì che, con meno basi di conoscenza, la gente finisca ad appoggiarsi a certe narrazioni. Un problema alimentato da un uso sbagliato di internet. Ma anche delle televisioni private, che hanno rimbecillito molti italiani”.
Per il professor Levi, che è anche direttore del Centro Internazionale di Studi Primo Levi, “c’è sostanziale accordo sul fatto che l’antisemitismo sia un coacervo proteiforme, fatto di moltissime cose, stereotipi, invenzioni”. Un coacervo anche perché, ha ricordato, “l’antisemitismo non ha mai brillato per coerenza”.
La sfida, riscontrata la complessità e mutevolezza di un fenomeno in costante evoluzione, è quella di “analizzare cosa è l’antisemitismo oggi”. Tra gli errori da non fare c’è quello di considerarlo come “una questione privata, uno scontro ingaggiato da un gruppo di teste calde e la minoranza ebraica”. Al contrario, ha osservato Levi, “bisogna essere consapevoli che l’antisemitismo è un veleno che inquina la convivenza sociale, la politica e il linguaggio”.
Essenziale poi aver chiaro che l’antisemitismo non è solo un attacco contro gli ebrei, ma che spesso tratta gli ebrei “come uno strumento che deve servire a scopi che con gli ebrei non hanno nulla a che fare”. Un veicolo quindi per sfogare le proprie frustrazioni contro un nemico precostituito o per ricompattare le masse. Levi ha citato quel che osservava profeticamente al riguardo Walther Rathenau, il ministro degli Esteri della Repubblica Weimar assassinato nel 1922 dall’estrema destra: “L’antisemitismo scalda i cuori più dell’amore”.
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(19 marzo 2021)