Asher Dishon (1923-2021)

“Siamo sbarcati a Taranto e poi siamo arrivati sino al fiume Senio. Noi eravamo la testa di ponte, dall’altra parte i tedeschi. Fu una battaglia cruenta. Alcuni amici morirono. Sfondammo le linee e dopo liberammo sette città”.
Con i suoi 97 anni Asher Dishon, mancato nelle scorse ore, era uno degli ultimi soldati della Brigata Ebraica ancora in vita. Memoria storica di quegli eventi, non si risparmiava nell’impegno di testimonianza. Anche in Italia. Più volte aveva visitato Piangipane, sede del cimitero alleato dove molti suoi compagni, rimasti uccisi in quell’eroico sforzo, riposano. “Abbiamo dato agli italiani la possibilità di essere liberi. E – commentava – siamo contenti di questo”.
Dishon era nato nel 1923 a Vienna e si era trasferito 15enne in un kibbutz nell’allora Palestina mandataria, il futuro Stato di Israele. Nel 1942 era entrato nelle fila dell’esercito britannico, per poi essere trasferito nel terzo battaglione della Brigata Ebraica.
Nel 2015, in visita in Israele, l’allora premier Matteo Renzi volle incontrarlo e a lui tra gli altri si riferì nel discorso alla Knesset: “Senza gente come voi – gli disse – l’Italia non ci sarebbe stata”. Nel 2018 Dishon, insieme ad altri reduci, era stato tra gli insigniti della medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza conferita in precedenza dal Parlamento italiano.
Tra le note di cordoglio per la sua scomparsa quella dei Reduci del Gruppo di Combattimento Friuli, che fu accanto alla Brigata Ebraica in quell’azione decisiva ai fini della vittoria alleata: “Salutiamo il combattente per la libertà e l’amico di quella battaglia contro il fascismo”.
Così invece il Museo della Brigata Ebraica: “A nome del nostro Centro Studi e di tutti gli amici della Brigata Ebraica, un grazie di cuore ad Asher, che la terra gli sia lieve”.

(22 marzo 2021)