Israele, domani si vota
Domani gli israeliani torneranno al voto, la quarta volta in due anni. Il rischio di non trovare un assetto stabile, un esecutivo in grado di reggere un’intera legislatura, resta concreto. E potrebbe portarli ad esprimersi di nuovo nell’urna a breve.
“I sondaggi – scrive il Corriere – rivelano che nonostante l’eccezionale scossone avvenuto in tutto il mondo nell’ultimo anno, la maggioranza assoluta degli elettori non modifica il suo voto. Sono andati alle urne all’inizio del 2019, poi alla fine di quello stesso anno, una terza volta nel 2020 e adesso a inizio 2021 e il loro voto è rimasto pressoché identico. Se Netanyahu vincerà, sarà solo grazie a due o tre seggi in più per la sua parte”. Sottolinea Repubblica: “Tutto fa prevedere che si aprirà un’altra estenuante fase di negoziati tra i partiti, di incarichi affidati e rimessi, che potrebbe durare mesi, mentre quinte elezioni restano uno scenario reale”. L’immagine delle ultime rilevazioni è infatti quella di “un Paese spaccato in cui nessuna coalizione incassa la maggioranza di 61 seggi tra gli alleati”.
L’attenzione dei quotidiani resta incentrata sul tema vaccini, in una dimensione sia italiana che europea. “Purtroppo alcuni stipiti virali attualmente in circolazione sono con il doppio turbo al motore e quindi è più complicato fermare il contagio, ma l’evidenza del Regno Unito, di Israele e degli Stati Uniti ci travolge di conforto perché è chiaro che abbiamo l’arma giusta” scrive Ilaria Capua, virologa tra le più autorevoli, in un intervento sul Corriere. L’esperienza israeliana è ancora oggetto di approfondimenti. Ad esempio sul Foglio, nel cui inserto internazionale appare oggi tradotto un articolo su questo tema del Wall Street Journal (“Israele, primo paese post Covid”).
Il Fatto Quotidiano propone un ritratto di Jamila al Shanti, prima donna ad entrare nell’ufficio politico di Hamas. Per il gruppo terroristico, mai definito come tale nell’articolo, una scelta che sembra finalizzata a “cambiare immagine in vista delle prossime elezioni parlamentari palestinesi”.
La cancel culture toccherà anche il più grande scrittore americano? È la domanda che si pone il Corriere con riferimento a due biografie in uscita su Philip Roth (Philip Roth di Blake Bailey e Philip Roth: A Counterlife di Ira Nadel). Se ne sintetizzano i temi salienti, già in parte dibattuti sulla stampa anglosassone. Nel libro di Nadel, viene segnalato, vi sarebbe materiale in abbondanza “per chi ama grufolare tra le vite degli scrittori in cerca di materiale pruriginoso”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(22 marzo 2021)