Venezia, una nuova Haggadah
firmata dagli artisti

Otto artisti. Diverse storie, molteplici background. Un obiettivo comune: dar vita con la propria sensibilità e il proprio estro a una Haggadah di Pesach con radici salde nella tradizione, ma anche un proprio timbro peculiare. Un ponte, nel segno della creatività, tra passato e presente.
Era una delle proposte più affascinanti sviluppate da Beit Venezia – Casa della cultura ebraica in occasione del 500esimo anniversario dall’istituzione del Ghetto, scandito in Laguna da una serie di eventi dal respiro internazionale che hanno permesso di affrontare la particolarità di questa esperienza di segregazione e separazione forzata ma anche la capacità dimostrata in risposta, all’interno dei suoi angusti spazi, di volare alto. Di essere un baluardo di identità e cultura.
Una realtà che gli otto artisti coinvolti – Andi Arnovitz (USA/Israele), Josh Baum (UK), Yael Cohen (Israele/UK), Nathan Gotlib (Belgio), Sophie Herxheimer (UK), Kyra Matustik (Svezia), Jacqueline Nicholls (Inghilterra), Hillel Smith (USA) – hanno respirato a pieni polmoni, condividendo per una settimana gli stessi spazi e le stesse opportunità di confronto con la città e la sua Comunità ebraica (partner dell’iniziativa in collaborazione con la Scuola Internazionale di Grafica).
Sotto i loro occhi l’Haggadah qui stampata nel 1609, tra le più celebri e affascinanti al mondo. Il punto di partenza su cui si è innestato il loro contributo.
“The New Venice Haggadah” (ed. Damocle), disponibile in lingua inglese con la traduzione di Marc Michael Epstein, direttore di Beit Venezia, è il risultato di questo felice incontro tra linguaggi differenti ma complementari. Un primo traguardo, cui dovrebbe seguire il prossimo anno un’edizione anche in italiano.

(Nell’immagine in alto gli artisti a Venezia nel 2016)

(23 marzo 2021)