Paura del buio

Nel maggio 1941 presso Natzwiller (Basso Reno, Francia) il Reich aprì il Lager di Natzweiler-Struthof; attrezzato di 70 sub-Campi, il Lager ospitò 52.000 deportati tra i quali ebrei, Sinti e Roma, prigionieri politici e membri della Resistenza francese, 22.000 di essi morirono.
Natzweiler-Struthof era dotato di camera a gas e crematorio, fungeva da Campo di lavoro coatto per lo sforzo bellico del Reich e fu altresì sede di esperimenti medici sui deportati; il Lager fu liquidato nel settembre 1944 e i deportati sottoposti a una Todesmarsch, il 23 novembre 1944 le truppe statunitensi liberarono Natzweiler-Struthof.
Nel 1942 una banda musicale costituita nel Lager di Dachau fu trasferita con tutti gli strumenti a Natzweiler-Struthof su disposizione del comandante tedesco Egon Zill, individuo perverso che usava legare a un palo il deportato sguinzagliandogli contro cani feroci addestrati a sbranare i genitali.
Quando nel 1933 i genitori e i fratelli del pianista, flautista e compositore ebreo tedesco Leo Cohn (foto) emigrarono nella Palestina Mandataria Britannica, lui rimase a Parigi, successivamente si trasferì a Strasburgo con la moglie Rachel e costituì il club scoutistico ebraico Kriyatenu; allo scopo di acquisire la cittadinanza francese, Cohn si arruolò nella Legione Straniera.
Direttore del gruppo scoutistico ebraico Eclaireurs Israelites de France e autore di numerosi canti e inni, nel 1942 Cohn coordinò una rete di soccorso per ragazzi nell’unità clandestina La Sixieme; il 17 maggio del medesimo anno fu fermato dalla Gestapo mentre accompagnava un gruppo di ragazzi presso la stazione ferroviaria di Tolosa.
Trasferito presso il Campo di transito di Drancy e successivamente a Natzweiler-Struthof (secondo altre fonti, probabilmente dovute a stretta omonimia, a Birkenau), Cohn morì il 28 dicembre 1944.
Nel settembre 1943 l’organista, pianista, violinista, didatta e combattente della Resistenza francese Arthur Poitevin detto Tutur, cieco dall’età di tre anni, fu arrestato e trasferito a Natzweiler-Struthof; ivi il 19 gennaio 1944 scrisse musica e testo de La voix du rêve da lui stesso eseguita una sera durante la cena nel refettorio del Lager.
A seguito dell’evacuazione del Lager, Poitevin fu trasferito a Dachau nel settembre 1944, il 29 aprile 1945 fu liberato dalle truppe statunitensi; tornato a Bayeux, morì nel 1951.
In Belgio il comandante tedesco Kurt Asche coordinò il trasferimento a Birkenau di 25.000 ebrei e Sinti alloggiati presso la Caserne Dossin de Saint-Georges di Malines e presso l’Auffanglager di Fort Breendonk; Fort Breendonk, base militare utilizzata dall’esercito belga durante i giorni dell’invasione tedesca, fu rimodulata in Campo di transito per prigionieri politici, membri della Resistenza ed ebrei.
Nell’ottobre 1942 un Anonimo – secondo altre fonti non sufficientemente documentate, trattasi di Remy Gillis successivamente trasferito a Mauthausen – scrisse Chant de Breendonck per coro maschile e pianoforte; il testo dell’inno è in lingua francese e fortemente ostile all’occupante tedesco, il manoscritto è oggi conservato presso il Nationaal Gedenkteken di Willebroek.
Il compositore e direttore d’orchestra ebreo belga Daniël Sternefeld studiò al Mozarteum di Salisburgo con Bernard Paumgartner, Clemens Krauss e Herbert von Karajan, nel 1938 fu nominato direttore principale della Koninklijke Vlaamse Opera di Anversa; durante l’occupazione fu costretto a dimettersi dall’incarico e nascondersi ad Anversa, nel 1942 rischiò la vita partecipando ai funerali del suo maestro Paul Gilson a Bruxelles.
Arrestato alla fine del 1943 e incarcerato presso la Caserne Dossin di Malines, fu rilasciato dopo diversi mesi, durante la prigionia scrisse la monumentale Symfonie in C; sopravvissuto, dedicò gli ultimi anni della sua vita alla composizione, morì nel 1986 a Uccle (Bruxelles).
Il cantante italiano Vasco Rossi disse una volta: “quando andavo in cantina a prendere il vino cantavo perché avevo paura del buio…ecco, sono sempre uguale, continuo a cantare per farmi coraggio nel buio della vita”; la musica infonde sicurezza e, nel momento di maggior panico, diventa bussola per la mente e il cuore sia per il musicista che per chi ascolta.
È uno dei segreti della musica nella sua manifestazione sonora; il musicista vive il travaglio del parto per far nascere se stesso, la musica è contemporaneamente madre e nascituro.
Non c’è vita più bella di quella che rinasce dalle ceneri, come araba fenice; rimane il dolore e la tragedia ma la vita riprende il suo cammino e cambia semplicemente nome.
Da quel momento si chiama musica.

Francesco Lotoro