Segnalibro – La porta dell’Europa
La drammatica situazione dei campi profughi al confine tra Bosnia e Croazia ha riportato l’attenzione dei media sulla rotta balcanica. Un flusso spesso “invisibile” agli occhi dell’opinione pubblica o comunque meno raccontato rispetto a quello che ha il Mediterraneo o altri contesti caldi come sfondo.
Il regista Mauro Caputo è stato tra i primi a sollevare il tema attraverso un documentario ricco di empatia e umanità: No borders. Flusso di coscienza, dedicato all’ultimo tratto della rotta: quello che riguarda l’Italia, e in particolare la zona di Trieste. “Per un anno e mezzo sono stato quasi ogni giorno nei boschi del Carso, lungo il confine con la Slovenia. Ho incontrato numerose tracce lasciate da migliaia di migranti, provenienti da luoghi lontani, alcune volte lontanissimi. E così ho cercato di ricostruirne le vite, i sogni, le speranze” raccontava lo scorso settembre, ospite del laboratorio Redazione aperta organizzato dalla redazione UCEI. Carte d’identità, vestiti, effetti personali: in una successiva ricognizione, lasciata la strada principale e inoltratici con lui nel bosco, tutto quel mondo emergeva in modo massiccio.
Per molti migranti Trieste rappresenta infatti la fine del “game”, il gioco, come veniva chiamato in origine il superamento della frontiera tra Bosnia e Croazia e ora divenuto un triste appellativo esteso anche alle frontiere tra Croazia e Slovenia e, per l’appunto, Slovenia e Italia. Lo ricorda con efficacia il nuovo progetto sviluppato sull’onda del film-denuncia: l’ebook “La porta d’Europa” firmato dallo stesso Caputo, assieme alla giornalista Donatella Ferrario.
Pubblicato da Marietti 1820, l’ebook dà accesso al testo, a una serie di contenuti fotografici e al film stesso (l’evoluzione della formula libro+dvd). “La porta d’Europa” ha il merito di sensibilizzare cuori e coscienze su un “gioco” in cui, nell’indifferenza di molti, spesso si rischia la vita, si subiscono abusi e violenze (soprattutto in terra croata), si supera un confine ma può capitare di essere scoperti e respinti. Nonostante tutto, si ritenta sempre. Perché indietro, ricordano Caputo e Ferrario, “non si può tornare”.
(1 aprile 2021)