Rav Elia Richetti (1950-2021)
Il rabbino del sorriso

Il rav Elia Richetti è stato figura chiave del rabbinato italiano degli ultimi decenni. Di origini goriziane, di tradizione “ashkenazita-italiana”, ha servito per anni le Comunità ebraiche del Nord-Est, Trieste e Venezia, e ha poi operato come segretario e dayan del Bet Din di Milano e successivamente del Ben Din del Centro-Nord Italia sotto la guida di rav Laras, che era un punto di riferimento per la maggior parte delle piccole Comunità di quest’area.
Accogliente, umano, amatissimo dai suoi studenti giovani e adulti, mostrava doti rabbiniche e capacità comunicative, di ascolto e sensibilità del suo interlocutore bisognoso di una guida e di attenzione. Conoscitore e coltivatore della musica liturgica ebraica italiana, di quella di Gorizia, ma anche di Trieste, Venezia e Milano, con una voce calda che usciva dal di sotto del proprio cuore. Un rabbino popolare, si direbbe. Rav Elia era esperto anche in vari rami specialistici del mestiere. Sofer e moel, mashiach esperto di kasherut, abile come sofer del Bet Din di Milano e poi del Centro-Nord Italia dove faceva il mestiere “tecnico” con gioia e simchà, e con spirito di kedushà, attenzione e conoscenza halachika dei minimi dettagli.
Con la sua esperienza halachika e con la sua umanità riempiva di spirito e intenzionalità religiosa giusta anche le situazioni più difficili umanamente, come quelle di divorzi e separazioni di coniugi giovani o di coloro che si separavano dopo tanti anni di convivenza. La sua semplicità è umanità riempivano la sala e rendevano più facile il compito di tutti. Ma rav Richetti era anche uno degli ultimi rabbini attaccati alle tradizione rabbiniche italiane, di canto e culto ma anche di halakhah e responsa delle ultime generazioni, e al tempo stesso uno dei primi rabbini italiani della nuova generazione del dopoguerra ad essersi formato in Israele, in istituti di formazione come l’istituto Harry Fiscel presieduto da rav Shear Yashuv Ha Coen, o come l’istituto Hartman guidato dagli allievi delle nuove scuole del rabbinato ortodosso americano, senza mai negare o svalutare per quello la sua autentica appartenenza ebraico-italiana, e senza voler svalutare o sminuire il valore della tradizione halachika italiana e il suo modo di operare e relazionarsi con i membri delle comunità.
Sapeva, grazie al suo chen (grazia), dare il giusto peso a ogni opinione e tradizione halachika. Proprio per quello ha ottenuto il merito e l’amicizia dei più e dei meno saggi delle istituzioni, che serviva con entusiasmo e spirito di servizio alla grande causa ebraica. Tanti aspetti biografici ci legavano, dal passato comune goriziano all’amore per il canto liturgico, dalla formazione rabbinica israeliana con gli stessi maestri e lo spirito di servizio per un ebraismo accogliente, sorridente, ma rigoroso e rispettoso delle tradizione halachike, quelle italiane in sintonia con le scuole halachike israeliane, e soprattutto per l’amore profondo per lo spirito delle tradizioni tramandate dai nostri avi, rabbini di tre e quattro generazioni fa, attivi nel Nord-Est, come a Gorizia, Trieste e Venezia, ma anche Casale Monferrato a Nord-Ovest.
Mancheranno a tutti noi il sorriso, la bontà e la gioia di vita di un rabbino italiano che sapeva vivere la tradizione con simchà, vedendo nella tradizione non una costrizione e un peso, ma una fonte di autentica di gioia, servendo Hashem con entusiasmo e piacere. Ivdu et Hashem basimcha’. Un figlio di Aaron che, come dice il Pirkè Avot, ama le persone e le avvicina alla Torah grazie a questo suo spirito.
Preghiamo per la sua anima di essere custodita presso il lume e la gioia della shekhinah, e che la sua memoria sia una fonte d’ispirazione e speranza per noi tutti e per i suoi familiari. Fonte di speranza e piacere di servizio della causa ebraica.
יהי זכרונו לברכה לבית ישראל.

Rav Joseph Levi, pronipote di rav Ya’akov Abolafio di Gorizia

(6 aprile 2021)